Lo scrivo perché non c’è niente di più evanescente dei sogni. E forse questo post è in realtà per psicoanalisti professionisti che si occupano di interpretazione dei sogni. Non so perché ho sognato Luca Rastello, ma così è: eravamo in una situazione come quelle che si creavano a casa sua – nella vita reale e nelle poche (troppo poche…) occasioni in cui sono andato a trovarlo – e, come spesso accadeva anche nella realtà, non eravamo solo noi due. Il luogo era “ameno”, non casa sua, appunto, ma una specie di anfratto naturale, bucolico, ma ottimamente attrezzato, nel quale si stava molto bene sia fisicamente che per il clima che Luca ha sempre saputo creare, di convivialità e di discussione felicemente costruttiva.
Avevamo una specie di progetto, di scrivere qualcosa insieme, ma ancora eravamo alle prime righe di un appunto che avevo preso e dal quale emergeva – questo mi ricordo nel sogno! – la parola “pirla” e il tentativo di farne una traduzione in altre lingue straniere – quelle europee più comuni: francese, inglese, tedesco, spagnolo. Ricordo questo dettaglio e l’idea di una ricostruzione etimologica del termine, passando per queste altre lingue. Non mi chiedete il motivo di questa stramberia: questo è ciò che ricordo del sogno.
Poi lo starnazzare stridulo e scomposto di un gabbiano mi ha svegliato e il sogno (e un po’ anche il sonno) è finito. Ho guardato la sveglia: le 5,40 ed era ancora buio. Quegli uccelli che da ragazzo – dopo aver letto Il gabbiano Jonathan Livingston – idealizzavo e immaginavo “puri” adesso li trovo aggressivi e li associo ai cumuli di spazzatura e alle discariche. Come cambia la nostra opinione…
Da un paio d’anni si sono insediati dove viviamo, in una frazione di Pisa (Oratoio) e hanno fatto il nido sul tetto del piccolo condominio di 3 piani di fronte a casa nostra. Quindi da qualche tempo viviamo al “porto di Oratoio”, nonostante qui si sia a una ventina di chilometri dal mare. Prima del loro avvento qui intorno era una voliera e l’estate un concerto al sorgere del sole. Adesso mi sembra di sentire solo loro.
Questo non c’entra col sogno… o forse sì? Però lo confesso: di Luca sento la mancanza e sento la mancanza anche di figure che se ne sono andate e hanno lasciato un segno duraturo su di me in passato: Luciano Ferrari, Piero Pampaloni e altri.
Qualcuno diceva che non si muore veramente fino a quando qualcuno si ricorderà di noi. L’ho già scritto altrove di sicuro, ma è una cosa che penso veramente e spero davvero che anche questi piccoli ricordi personali e intimi contribuiscano a non far morire per davvero queste persone e Luca, adesso, in particolare.
PS: per chi non lo conoscesse, a questo link, su Wikipedia, trovate qualche scarna notizia su chi era.