Mi sono rivolto a una carrozzeria non lontano da casa. Lavorano bene e avevano fatto un bel lavoro quando un ragazzo – probabilmente neopatentato, a bordo di una multipla che la diceva già lunga sullo “stile di guida” – mi strinse su una rotonda mesi fa e mi “scartavetrò” il passaruota anteriore e il paraurti.
Ci sono tornato, stavolta per colpa mia: il muso della mia auto ha una calandra molto molto mooooolto bassa e non ho visto un marciapiede a Genova: stanchezza, traffico, fretta: solo il rumore sordo della grattata e le mie imprecazioni. Ho pensato che essendo comunque una sciocchezza convenisse metterla a posto. Appoggio abbastanza la “teoria del degrado” (che è una teoria del buon senso): se lasci correre e non ti prendi cura degli oggetti, alla fine questi invecchiano più in fretta – anche se tutto questo non deve implicare necessariamente il diventarne schiavi, come in molti, troppi, casi accade.
Porto l’auto e mi fanno un preventivo ragionevole e migliore di quello che immaginassi. Lascio direttamente l’auto e in pochissimo, essendo il danno una sciocchezza, ho ricevuto, ieri, l’sms per andarla a ritirare. Telefono per avere due informazioni: l’orario di apertura e se posso pagare col bancomat. Orario di apertura: risposta facile. Bancomat: “è un lavoro di officina o di carrozzeria?”, (penso: “avranno una contabilità diversa…”) “carrozzeria”, “aspetti le passo xyz”, (musichetta), “sì pronto, volevo solo sapere se posso pagare col bancomat: dovrei prelevare e non sapendo esattamente a quanto ammonta la spesa, essendomi stato fatto un preventivo a spanne, trovavo più comodo pagare così”, “ah… sì… ehm… sì il bancomat, il pos funziona”, “bene, grazie ci vediamo fra poco”.
Andiamo, parlo col titolare che si ricorda della volta precedente, gli dico della “disattenzione” (mi lamento brevemente di quanto certe disattenzioni costino) e di quanto informalmente il ragazzo mi avesse fatto di preventivo. Dice che va bene… “forse sarebbe anche di più, ma va bene”. Ricordo al mio interlocutore: “avevo chiesto al telefono se posso pagare col bancomat…”, “ah… ehm… sì però c’è l’iva”, “eh… (sorrido) non immaginavo non ci fosse”, “sì… le devo fare anche la fattura”, “bah, anche una ricevuta va bene: non sono un libero professionista e soprattutto non credo che una spesa del genere si possa comunque scaricare, essendo l’auto di mia proprietà”, “sì, allora venga di sopra”. Salgo dietro di lui. La carrozzeria è grande, bella e ha un bell’ufficio contabilità, facendo anche officina e un po’ di vendita auto. Scrive sulla scheda di lavorazione e mi fa fare l’operazione.
“Bene allora… arrivederci”. “No, scusi, ma la ricevuta?”… “Ah, sì, ehm.. xyz fai la ricevuta al signore. Arrivederci”. xyz diligentemente ricalcola la cifra esatta (perché la cifra era tonda e l’ipotetica iva era stata calcolata al 20% e non al 22) e mi stampa su un bel foglio a colori la ricevuta. Con un sorriso a prendermi chiaramente per i fondelli prima di consegnarmi il foglio mi dice “aspetti… la busta”. “Non ne ho bisogno grazie. Arrivederci”.
Morale: se non hai dubbi sul pagare l’iva i dubbi ti vengono perché certa gente – che si badi bene: è BRAVA gente, che vuole trattarti bene e “farti risparmiare” – ti fa letteralmente sentire un coglione se vai fino in fondo, salvo il fatto che poi il confine tra la coglionaggine del pagare l’iva e la coglionaggine complessiva per la quale bellamente e deliberatamente il titolare mi avrebbe fatto pagare il 20% in più SENZA emettere ricevuta/fattura, è molto sottile e impalpabile.
Proprio qualche giorno fa il mio amico Giovanni mi chiamò per mettermi a parte delle stesse perplessità, per le cose che pure a lui sono successe, nel piccolo di una cartoleria di paese, un paesino dove tutti si conoscono, nel profondo nord, all’inizio della scuola: si incassano i soldi e non si emette un solo scontrino neppure sotto tortura.
Ce la possiamo fare? No, non ce la possiamo fare.