Una volta andava in paradiso, come unica promessa per l’inferno nella quale era costretta a vivere e nella quale ancora vive, come dimostra questo articolo di Internazionale (con annessi link): http://www.internazionale.it/articolo/2014/10/27/reparti-confino-in-italia-9
Basta che mi volti indietro e ricordi le sveglie di mio padre. Altra generazione, di quella dannata e fortunata che è stata assunta in un’azienda e in quella stessa azienda è andata in pensione. Scherzosamente – parlando di questa cadenza e di questa regolarità – dice: «Ho fatto 12 anni il mattino, 12 il pomeriggio e 12 la notte». Totale: 36 anni, 6 mesi e un giorno di lavoro, come prevedeva la legge.
Ho sentito la concitazione di Landini qualche sera fa nel salotto di Fabio Fazio, in contrasto con il professionismo di quest’ultimo, fatto di una certa (ormai devo dire anche un po’ stucchevole) distanza, “correttezza politica”, understatement. La parte del bravo ragazzo – “a modo e per bene”, come cantava Giovanni Lindo Ferretti – che alla lunga viene a noia e lascia in telespettatori come me il forte senso che nulla tocchi realmente il conduttore, protetto dalla sua fama e dalla barca di palanche che nemmeno in 10 vite guadagnerò.
Ho sentito l’incazzatura di Landini questa mattina alla radio, per le botte prese e gli scontri con la polizia. Le parole sono quelle rilasciate qui. Le parole di una persona esasperata da una pastoia dalla quale questo paese sembra non uscire. Ogni tentativo di mediazione e dialogo per la rivendicazione di un qualche diritto finisce sotto i manganelli della polizia. Invariabilmente. Da anni.
Gli operai. Tenuti in gran considerazione ai tempi del padre, adesso non contano niente – come dice lui stesso commentando laconicamente le immagini che passano per televisione. Ed è vero: le “morti bianche” anziché diminuire aumentano, e in generale è una classe di lavoratori di cui non si sente più parlare. Si parlava piuttosto di noi, anche lì neppure troppo, quando in qualche occasione abbiamo fatto degli scioperi da macchinisti delle ferrovie dello stato. Solo perché il macchinista ha un grande potere contrattuale: se incrocia le braccia i treni stanno fermi.
Ma anche quella è una stagione durata poco: la connivenza delle forze sindacali della “triplice” e le “naturali” spaccature tra i lavoratori hanno fatto il resto. Sono rimasti gli autonomi a tentare di rappresentare i lavoratori perché essi stessi in primo luogo lavoratori (e non delegati sindacali che si sono dimenticati come si sta in fabbrica o su un locomotore).
Così nella tragicità della notizia, saluto la notizia stessa come qualcosa che riporta al centro dell’attenzione i problemi veri e non, come dice in modo veemente Landini «le cazzate della Leopolda».