Nella piccola vacanza appena finita siamo riusciti ad andare a un’arena estiva, a Catania, per vedere un film che avevamo perso in quella pisana: Storia di una ladra di libri. Giuro: non dico nulla sulla trama per chi non l’ha ancora visto e vorrebbe farlo.
Dico solo che la storia è (per fortuna) un po’ una fiaba che mitiga lo sfondo dell’ascesa del nazismo e la storia della deportazione degli ebrei (e non solo). La produzione del film è statunitense/germanica e qui viene l’inghippo: nella storia c’è un imparare a leggere e a scrivere. I progressi documentati e ripresi però non sono di parole tedesche, ma MOLTO inverosimilmente di parole in inglese!!! Il film è bello, la storia è bella, e questi mi sono scivolati sulla buccia di banana della più banale delle filologie! Non solo quando la ragazza impara a scrivere, ma anche quando poi darà seguito a letture “proibite” (come possiamo dimenticare le tristi immagini dei roghi di libri?): ogni tanto si inquadrava il libro di H. G. Wells ed era scritto in inglese… bah!
Peccato davvero: il troppo spesso bistrattato tedesco (spesso chi bistratta è perché non ne conosce neanche una parola) è una lingua fine, precisissima, “specchio” della razionalità (nel caso specifico purtroppo male indirizzata) di un popolo che ha perso due guerre mondiali e continua a essere la prima potenza economica europea. La lingua del pensiero occidentale (temporalmente dopo il greco antico).
Che tristezza!