Ho recuperato, ieri sera, un film di qualche anno fa. Un film italiano, diretto da Pupi Avati, di quelli che disintossicano da tutte queste sempre meno verosimili “storie americane” che a noi arrivano dalla grande distribuzione, dai blockbuster, così lontane dal nostro sentire, così irreali e violente, dove la protagonista principale è quasi sempre un’arma da fuoco.
La seconda notte di nozze è un film apparentemente semplice, una storia che si snoda nell’immediato secondo dopoguerra italiano, in due località che sono sin da subito metafora delle due italie: un nord – neppure troppo nord, visto che la città è Bologna – dove la vita è più dura, perché è città, perché c’è più gente, perché la guerra è durata più a lungo e le persone tirano la cinghia, vivendo un quotidiano di privazione, di espedienti, di enormi difficoltà per avere perso tutto. Un sud, quello della provincia pugliese, in cui le cose – e in certi momenti la vita stessa – sembrano essere rimaste sospese, conservando però una dignità e una moralità che invece è persa, sfilacciata nei protagonisti che incontriamo a Bologna.
I personaggi del film pendolano tra desiderio e necessità, tra una dignità e un rigore – soprattutto nel pazzo e saggissimo Giordano Ricci (splendidamente interpretato da Antonio Albanese) – a tratti commovente, nel suo vivere in modo assoluto le proprie emozioni. Un film da cercare e vedere.