Beati gli ultimi

Nel breve soggiorno siciliano in coda a questa torrida estate, sono stato a Taormina. In particolare, a parte il rituale struscio sulla via principale, ci è capitato di andare a vedere una piccola (ma costosa) mostra su Vincent Van Gogh. Un evergreen che tira sempre e, per quanto fosse assai modesto l’allestimento e la mostra fosse di fatto più virtuale che reale, siamo andati per esaudire uno specifico desiderio di compleanno.
Una delle cose che non sapevo o non ricordavo della travagliata vicenda umana di uno dei pittori più celebri della modernità, è il fatto di aver dipinto – a un certo punto “serialmente” – prima il portalettere Joseph Roulin e poi tutta la famiglia di quest’ultimo che volentieri si prestava come “modello” per questo pittore un po’ schivo e strambo, che vendette un solo quadro in vita e nulla lasciava presagire della fama mondiale che avrebbe ottenuto solo dopo la sua morte.
Il sodalizio fu principalmente umano e i Roulin furono tra i pochi esseri umani che, nella loro plausibile semplicità e modestia, accolsero tra loro il pittore olandese.
Così questi ignoti signori, benefattori dello sciagurato e tormentato Van Gogh, costituiscono l’esempio – forse tra i più chiari – di quel precetto che vede gli ultimi come i reali destinatari del Regno dei Cieli (ammesso e non concesso che questo Regno da qualche parte esista): a loro non solo l’essere entrati nell’empireo dei ritratti al pari di re e regine, ma di averlo fatto entrando dalla porta principale nella Storia dell’Arte a braccetto di uno dei più apprezzati artisti di tutti i tempi.
Joseph_Roulin