È morto l’angelo sopra Berlino

Ich weiss jetzt, was kein Engel weiss.*

Questo, in primo piano, con una penna che traccia la sempre esotica lingua tedesca, è uno degli ultimi fotogrammi di quel gigantesco film che è Der Himmel Ueber Berlin (Il cielo sopra Berlino). Lo vidi un paio d’anni dopo la sua uscita, quando il muro conficcato nel cuore della Germania, nel suo cuore pulsante, si stava definitivamente sgretolando, offrendo la data ufficiale della caduta del comunismo. Il film però è del 1987, quando il muro ancora non mostrava segni di cedimento.
Un film romantico – per chi non l’ha visto, da vedere – con i due angeli Damiel e Cassiel capaci di ascoltare i flussi di coscienza delle persone a cui si accostano, i loro pensieri, i loro turbamenti, le loro gioie, i loro dolori. Così da sempre, oltre la cortina del tempo, metafora di quella cortina di ferro che divideva le due germanie e oltre la quale – vista dal lato occidentale – quella dell’Est sembrava essere immobile, in bianco e nero (prima tra le tante chiavi di lettura del film).
Tutto procede così, con questi angeli che vedono e ascoltano non visti – tranne in rarissimi casi, quelli di anime pure come certi bambini che possono averne sentore e scorgerli di tanto in tanto – e impossibilitati in ogni interazione col mondo reale. Tutto questo fino a quando Bruno Ganz/Damiel non si innamora di Marion, una splendida circense a cui compare in sogno.
Il punto di ritrovo degli angeli sopra Berlino è ovviamente Siegessäule, altresì nota come Colonna della Vittoria, a cui mi recai “in pellegrinaggio” nel 2007, 20 anni esatti dalla realizzazione del film, per l’ultimo viaggio – proprio a Berlino (agosto 2007) – prima di morire e poi nascere di nuovo (settembre-ottobre 2007). Fu un viaggio di cui ho un ricordo quasi onirico. Andai a trovare Francesco, un mio vecchio compagno di master, trasferitosi definitivamente a Berlino forse più per amore della città e delle sue donne che per lavoro. Ricordo di aver macinato tutti i chilometri che separavano casa mia da casa sua quasi in un colpo solo e, senza indicazioni (se non quelle da lui fornite) arrivai senza sbagliare a suonargli il campanello, poco prima dell’ora di cena. Devo aver avuto una faccia particolarmente stravolta con gli occhi che avevano inghiottito tutto quell’asfalto in un colpo solo, facendone indigestione, se ricevetti, come primo invito, quello di fare una partita a ping pong, come ai vecchi tempi del master a Trieste. Il tavolino era di quelli di cemento, in un piccolo parco dietro casa sua. Fu la cosa giusta perché rimisi in moto il corpo e cancellai l’asfalto dagli occhi. Ma fu un viaggio bello per molti altri motivi, che verrebbe lungo spiegare qui.
Torniamo agli angeli del film: Damiel per amore decide di farsi uomo per Marion, rinunciando a quei privilegi di angelo e così cade letteralmente dal cielo con la sua corazza d’oro che gli piomba sulla testa, ferendolo. Lui si riprende e sente per la prima volta il sangue, lo assaggia, può respirare, sente freddo, vede i colori. Capisce, in pochi istanti, cosa hanno significato tutti i pensieri che ha ascoltato dalla notte dei tempi, li comprende nel suo senso pieno e non come parole sganciate da ogni esperienza (vi ricorda niente questa seconda chiave di lettura? Un essere ultramondano che si fa uomo non per amore di una singola donna – o forse chissà anche sì! – ma per l’intero genere umano…).
Damiel scopre presto che esistono altri ex angeli, come Peter Falk (ricordate il tenente Colombo? Proprio lui!) che gli offrono preziosi consigli per l’inizio della sua vita da uomo. Damiel si mette presto sulle tracce di Marion, ma il suo circo itinerante si è, nel frattempo, spostato. I due si ritroveranno, convergendo verso quei mondi underground dove regna la musica di frontiera, dove si balla tutta la notte in fabbriche dismesse (l’ho fatto quando sono andato a Berlino) e dove si esibisce niente meno che Nick Cave.

Bruno Ganz/Damiel quando, ormai uomo, incontra Marion


L’amore verrà quindi coronato e Damiel/Bruno Ganz sarà un uomo felice.
Ganz è morto un paio di giorni fa a 77 anni per un cancro all’intestino e sarebbe riduttivo pensarlo solo come angelo – anche se per me lui rimane quello – vista la sua meravigliosa carriera spesa tra cinema e teatro (ma il teatro “importante”, confrontandosi con gli autori classici…) e una interpretazione, apparentemente minore, in un vecchio film di Soldini, Pane e Tulipani. Per me però resterà sempre l’angelo che ha scritto:

* Io adesso so / ciò che nessun angelo sa.