E' internet bellezza, e tu non ci puoi far niente

La frase originale, lo sappiamo, è pronunciata da Humphrey Bogart nel film «L’ultima minaccia» del 1952 girato da Richard Brooks (per chi volesse rinfrescare la memoria con la scena rimasta celebre: http://youtu.be/COsEP2bFuTA). Tra le cose però più stupefacenti del millennio però non c’è tanto questa idea della stampa che – la storia, anzi: la Storia ce lo insegna – può essere controllata, irregimentata, asservita, quanto piuttosto l’idea che io scrivo questo post e una volta pubblicato davvero l’intero mondo può leggerlo.
Allora, al netto di quel Corrado Guzzanti che provocatoriamente – nel noto sketch sull’ “abboriggeno” (anche qui, per dovere di cronaca, cito la fonte: http://youtu.be/l-qD_3o_obg) – mette in discussione l’utilizzo che di uno strumento così potente si fa, vorrei raccontare brevemente due episodi per i quali questa “naturale potenza” di internet mi ha lasciato di stucco. Cose ovvie, ma quando queste passano sulla propria pelle, sembrano sempre un po’ meno ovvie. Perché sembra strano, perché non lo diresti, perché alla fine facciamo una vita tracciata in confini anche molto ristretti e (relativamente) poche persone hanno davvero per casa il mondo intero.
Il primo episodio ha a che fare con un viaggio che feci nel 2005 per diporto in Mongolia. Regione remota che conserva intatto il suo fascino di paese “nomade” e selvaggio. Con la nostra guida locale, Mugi, avevo legato un po’, banalmente perché ero il più giovane del gruppo (e lei era giovanissima) e perché ero l’unico del gruppo che si esprimeva (pur maldestramente) in una lingua che non fosse l’italiano. Dopo i saluti al treno che stavamo prendendo per tornare in Europa passando da Mosca (ebbene sì, il viaggio era alquanto originale e prevedeva il ritorno in Transiberiana: il celebre treno che percorreva originariamente gran parte del continente asiatico con i due estremi Vladivostok-Mosca ma, quando lo presi io, la tratta era “ridotta” e il treno partiva “solo” da Pechino…) ci fu il silenzio lungo e naturale di chi torna alla propria vita. Mugi per altro aveva appena dato la maturità in Italia (e per questo, tornata nel suo paese, faceva da guida a un gruppo di italiani in gita), a Trieste (Duino), sede di uno dei «collegi del mondo unito», una bellissima e meritoria iniziativa nata durante la guerra fredda. Un momento di transizione che l’ha vista negli anni successivi trasferirsi letteralmente dall’altra parte del mondo per conquistarsi una laurea in Economia. Tutte cose che ho saputo perché, un bel giorno, anni dopo, tra i vari social cui sono iscritto, compare un avviso su chi potrei conoscere. Ora: spesso gli algoritmi che aggregano i dati hanno funzionamenti abbastanza semplici e trasparenti (hai fatto la stessa scuola, hai frequentato la stessa università o hai fatto il servizio militare nello stesso posto…) ma perché lei mi venisse proposta come candidata per una conoscenza rimane, almeno parzialmente, oscuro (parzialmente perché, seppure alla lontana, Trieste rimane un punto di contatto…). Insomma: le scrivo, mi risponde, le mando il link alle foto di quel viaggio che avevo lasciato in una pagina web seminascosta e le dico quel che faccio e ho fatto in questi anni. Lei, a sua volta, mi racconta di sé. Così un bel giorno, per vedere come funziona, attivo google analytics e vado a vedere chi è andato, anche solo per curiosità, a curiosare sul sito della casa editrice. Ecco quel che trovo:

statistiche sito

statistiche sito


C’è almeno una visita che arriva dalla Mongolia. So che Mugi, da casa, è andata a vedere quel che combino. E ne sorrido in cuor mio, pensando che una persona, “sul 45° parallelo” (http://www.rossofuocofilm.it/davide_film_45.htm – questo il motivo per cui mi sono spinto fino là), nel tal giorno, alla tal ora, ha visitato e condiviso con me, per qualche minuto, quel che io ho fatto.
Il secondo episodio riguarda invece sempre (il grande) fratello google e una delle sue applicazioni: Scholar. Cito dal sito:

Google Scholar offre un modo semplice per effettuare un’ampia ricerca sulla letteratura accademica. Con un unico servizio, puoi effettuare ricerche tra molte discipline e fonti: documenti approvati per la pubblicazione, tesi, libri, abstract e articoli di case editrici accademiche, ordini professionali, database di studi non ancora pubblicati, università e altre organizzazioni accademiche. Google Scholar ti consente di identificare gli studi più rilevanti nel campo della ricerca accademica mondiale.

Ora: io non sono un accademico e, qui come altrove, provare a inserire qualcosa che si è fatto ha come unico scopo vedere qual è il meccanismo di funzionamento di uno strumento – quello dei citation index – che professionalmente è usato dalla quasi totalità di accademici e ricercatori, soprattutto in ambito scientifico. Così, dopo aver inserito le modestissime cose prodotte in questi anni, scopro che una professoressa dell’Università del Kansas di nome Crystal Hall (http://www.frenchitalian.ku.edu/crystal-j-hall), dall’altra parte del mondo, cita il mio lavoro su Galileo (che ho creduto a lungo di aver dato alle stampe solo per me e per i tre che possono essere interessati a un argomento simile) in un suo libro: Galileo’s Reading, pubblicato con la Cambridge University Press lo scorso anno.

schermata scholar

schermata scholar


Cose “ovvie”, mi rendo conto, per chi di mestiere fa questo. Ma molto meno ovvie per chi di mestiere fa e ha fatto altro.