Cinema e cambiamento climatico

Uno degli aspetti di cui si tiene (ancora) poco conto in questa storia del cambiamento climatico che ci riguarda tutti, sono i soldi spesi per le produzioni cinematografiche.
Qualche giorno fa ho visto il film-documentario di Leonardo Di Caprio Before the flood (a questo link la versione originale su YouTube, a questo quella in italiano e a quest’altro il sito internet) sul cambiamento climatico. La regia si intreccia come tempi alla realizzazione del suo ultimo film Revenant di cui le scene finali – e quindi tutta la produzione – sono state girate dal lato opposto del continente americano proprio perché non si riusciva a trovare un posto dove nevicasse. Ora: rispetto ad altre spese sicuramente stiamo parlando di spiccioli, ma proviamo a immaginare quanto possa costare “traslocare” una intera produzione hollywoodiana da un capo all’altro di un continente per fare delle riprese. Per quanto con i computer ormai si faccia (quasi) tutto, probabilmente di certe cose ancora non si può proprio fare a meno.
Ieri sera ho poi finito una (breve) serie su Netflix, con la scusa di tenere viva almeno la parte “passiva” (ascolto) della lingua inglese (in realtà statunitense). Ho visto Stranger Things che, devo dire, mi ha catturato molto per le atmosfere – ma evidentemente non lo ha fatto solo con me. Leggendo quindi le recensioni ex post e com’è nata la storia, anche qui scopro che per le scene finali della prima stagione è stato necessario importare 20 tonnellate di ghiaccio dalla Florida (che per altro, se non ricordo troppo male la geografia, non è esattamente vicino all’Alaska), come dice alla fine questo articolo. Per il cinema e l’intrattenimento – che sono macchine da soldi – questo e altro, ma se si pensano costi analoghi per altre produzioni (e quante nel mondo?), i soldi che si spendono per questo “dettaglio” cominciano a essere molti…
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