Taleb, il cigno e il centurione romano

Col procedere della vita meno cose tendono a sorprendermi rispetto al passato. Credo sia fisiologico e pure questa forse è una curva logistica a ritorni decrescenti. Fatto sta che mi stupisce poco o punto il fatto che uno studioso come Nicholas Nassim Taleb, celebre per il bestseller Il cigno nero, si sia permesso di entrare nell’agone di una delle dispute imbecilli di mezza estate (ogni mezza estate ne ha una che scala le classifiche rispetto alle altre, un po’ meno imbecilli).
La notizia è questa: Fatevene una ragione: gli antichi romani erano molto africani (persino in Britannia) e vi lascio l’onere della lettura. Lessi tempo addietro il bestseller osannato da molti e francamente, a parte qualche provocazione, la tesi sostenuta per l’intero volume m’è parsa debole scientificamente e a tratti pretestuosa. L’ho criticata, in un articolo che probabilmente avranno letto solo i revisori cui l’ho sottoposto, nel punto in cui parla del noto aneddoto di Bertrand Russell del tacchino che “non ringrazia per il giorno del ringraziamento” perché una delle debolezze scientifiche evidenti nel suo testo è quella di non distinguere situazioni naturali, in cui hanno senso certe inferenze di carattere statistico e l’induzione, e situazioni che di naturale non hanno nulla visto che a determinare la situazione (e la morte del tacchino) ci sono gli esseri umani che si comportano in un certo modo, tipicamente del tutto arbitrario. Metto il link all’articolo che aveva per titolo Zoo e dinamiche della catastrofe: dalle balene ai cigni, nel caso qualcuno fosse curioso (la mia critica a Taleb si trova al § 2).
Insomma Taleb non ne esce bene, né col suo tweet, né col suo libro (nel suo personale zoo poteva introdurre uno struzzo…).