Falcone, Borsellino e la Germania

Vorrei spendere due parole su una questione di attualità venuta fuori in questi giorni e legata alla pizzeria aperta a Francoforte sul Meno intitolata a Falcone e Borsellino – la notizia è qui ma ho scelto il primo link che mi è capitato sotto tiro e la si trova su tutte le maggiori testate nazionali.

Se fosse solo intitolata a questi due eroi (e lo scrivo senza retorica) e veri “servitori dello Stato”, non ci sarebbe nulla di male, ma il problema è che è fatto “alla tedesca”, ovvero con quell’atteggiamento tipicamente poco rispettoso che ogni tanto salta fuori in questo popolo che (1) ha il libro dell’umorismo più corto del mondo – e se l’umorismo è questo non è neppure umorismo – e (2) dovrebbe tacere e vergognarsi per l’eternità per il suo passato nazista. Basti ricordare le ricorrenti (io ne ricordo almeno due…) foto “scandalo” dello Spiegel con la pistola appoggiata su un piatto di spaghetti fumante e una qualche altra immagine di copertina che devo aver rimosso.

Fatto questo “cappello” non si può dire che antropo- / sociologicamente non ci sia sempre stato un reciproco amore/odio con e per il popolo tedesco. Parlo per me: la filosofia, dopo aver parlato greco, ha parlato tedesco e così per tanta parte della scienza dei primi anni del XX secolo (Ettore Majorana ha scritto i suoi pochi e genialissimi lavori in tedesco perché la fisica di quegli anni parlava quella lingua). Possiedo un’auto tedesca (il cui mito va sfatato, visto che per un difetto di fabbricazione a 220mila km la catena di distribuzione si è schiantata e mi è toccato rifare il motore – quindi anche marchi come BMW hanno assunto un che di cialtronesco nel modo di costruire i propri mezzi e nella scelta dei materiali…). I designer di quelle auto però sono stati a lungo italiani, perché marchi come Volkswagen, Audi e BMW nonostante mostrassero negli anni ’80 e ’90 una affidabilità degna di nota, avevano delle carrozzerie e dei “vestiti” di una bruttezza rara (l’ultimo stilista decente lo hanno avuto in Ferdinand Porsche che disegnò il “Maggiolino” e, allungandone le forme, quella che poi divenne la Porsche 911) e di una lentezza altrettanto rara e in Italia hanno sempre rischiato di non battere chiodo (poi noi siamo esterofili – e se penso all’imperatore Agnelli anche giustamente – e quindi il gioco è presto fatto). Ricordi di gioventù: una Golf 1600 di cilindrata a benzina letteralmente stracciata da un’Alfa 33 (che pure aveva una carrozzeria quasi da 3 volumi) 1300…

Insomma: l’elenco sarebbe lungo e una punta di inevitabile nazionalismo sia di qui che di là, per primeggiare non finirebbe penso mai. Quindi atteniamoci al fatto spiacevole – che però non arriva isolato appunto – perché accanto al ritratto di Falcone e Borsellino ci sono i capimafia storici e quindi si lascia volutamente spazio a una certa confusione, lasciando l’effetto, una volta entrati nel locale, che il tutto sia una specie di “bega” italiana, lontana e “d’effetto” per attirare una clientela evidentemente dal dubbio gusto. Per altro, pure gli amici tedeschi – come a suo tempo l’on.Roberto Maroni* – devono avere la memoria corta se non ricordano la sparatoria di Duisburg che, certo, riguardava, solo italiani, ma guardacaso italiani affiliati alle cosche calabresi e che, immagino, non erano in Germania esattamente per fare gli onesti cittadini…

Di fronte alla richiesta ufficiale di impedire questa “dedica” della pizzeria ai due magistrati italiani il tribunale di Francoforte ha respinto la richiesta – così come, sempre la Germania, ha sempre respinto l’estradizione dei gerarchi nazisti responsabili delle stragi lungo tutta la penisola durante il periodo 1943-1945. Questo all’indomani di una “docufiction” realizzata anche bene mi pare, andata in onda sui canali RAI ma recuperabile sul sito di Rai Play qui, in cui si narra la storia misconosciuta del gruppo di cittadine e cittadini italiani che, con estremo coraggio (a quei tempi Cosa Nostra non esitava a sparare per le strade e a commettere omicidi efferati ed eclatanti che andavano dallo sciogliere in acido le persone al piazzare bombe sotto le auto di magistrati, procuratori, prefetti, scorte…), andarono a formare la giuria popolare durante il maxiprocesso che – anche qui è bene ricordarlo – fu una delle più grandi vittorie della democrazia in questo Paese, se solo si guardano i numeri:

  • Documentazione: 750.000 pagine
  • Processo: 21 mesi, 638 giorni
  • Camera di consiglio: 35 giorni (387 ore)
  • Lettura della sentenza: 1 ora e mezza
  • 475 imputati (scesi a 460 durante il dibattimento)
  • 207 detenuti
  • 349 udienze
  • 346 condanne (74 in contumacia)
  • 114 assoluzioni
  • 19 ergastoli
  • 2665 anni di carcere
  • 900 testimoni e parti lese
  • 200 avvocati difensori
  • 16 giudici popolari (tra effettivi e supplenti)
  • 3000 agenti delle forze dell’ordine
  • 600 giornalisti da tutto il mondo

Poi, per carità, la mafia, come il nazismo, è una questione di atteggiamenti, ma cari amici tedeschi – e qualche amico tedesco pure ce l’ho! – forse prima di “sputare sentenze” ad minchiam pensate se voi avete mai fatto una cosa del genere nella storia della vostra pur gloriosa repubblica. Certo, c’è stata Norimberga, ma Eichmann se lo sono andati a cercare gli ebrei e lo hanno processato in Israele.

Cominciate a pensate a voi, cari amici tedeschi, a “mettere a posto” le vostre di cose visto che, notizia di oggi su “Repubblica” (qui di seguito l’articolo) solo oggi avete epurato dal vostro alfabeto fonetico le ultime incrostazioni di antisemitismo e solo oggi discutete di come togliere la parola “razza” dalla vostra costituzione (e come non ricordare il memorabilissimo witz di un Albert Einstein che, in fuga da quell’abominio che fu la Germania nazista, alla frontiera, di fronte alla richiesta del soldato che gli stava controllanda i ducumenti e che, immaginiamo, con fare indagatorio, di fronte alla secca domanda «Razza?», rispose «Umana, direi…» – magari questo episodio non è vero ma è troppo bello per non esserlo…).

articolo di Repubblica

* Ricordo una puntata di diversi anni fa di “Che tempo che fa”, in cui l’on. Maroni (che fa rima con Berlusconi e con qualcosa di un poco più scurrile che lascio a voi immaginare), invitato dall’inossidabile e immarcescibile Fazio Fabio, sostenne, in polemica con un Roberto Saviano ancora sotto scorta, che “in Lombardia non ci sono infiltrazioni mafiose”. Già! Peccato che dopo questa affermazione c’è stata una lunga lista di notizie comparse su tutti i media, sulle considerevoli collusioni tra la politica lombarda (non ultimo il partito politico a cui lui stesso era affiliato) e un certo numero di organizzazioni mafiose originarie del Sud. Insomma Ipse dixit e venne sbugiardato e smentito dai fatti dopo pochissimo…