Una piccola-grande felicità (professionale)

Il blog è personale e quindi ogni tanto scrivo anche cose che mi riguardano da vicino. Magari con un po’ di discrezione, senza “sbandierare”, ma al solito solo per chi vuole leggere. E’ passata una settimana, ma l’ho saputo solo questo lunedì e in certi momenti ancora mi sembra irreale. E’ successo quello che ho ardentemente sperato da due anni a questa parte e, con particolare intensità, dall’ultimo “scorrimento in graduatoria” che fecero, con la persona davanti a me, alla fine di gennaio del 2022.

Un po’ di storia personale e di “retroterra”: chi mi conosce sa quanto io sia testardo e quanto tenda a non demordere dai miei propositi. Per molte cose ho avuto una discreta volontà – per carità: come molte altre persone, intendiamoci – a partire dall’essere lavoratore-studente, a laurearmi con discreto sacrificio, in ritardo, dopo aver cambiato facoltà, ma con l’obiettivo di portare a termine il percorso. Poi ho fatto un master (2002-2004, alla Sissa a Trieste in “comunicazione della scienza”), poi un secondo master (nell’anno accademico 2011/2012 all’Università di Pisa, dove mi ero laureato, in “tecnologie internet”), infine un dottorato all’Università di Trento nel triennio (accademico) 2015-2018.

Al Consiglio Nazionale delle Ricerche, dove sono entrato come tecnico “semplice” (con la sibillina dizione CTER, Collaboratore Tecnico Enti di Ricerca), al VI livello (ma già con una laurea e un master), nel 2011, ho fatto davvero un po’ di tutto, nel limite di quanto mi è stato possibile: il tecnico (appunto), il divulgatore scientifico per l’intera Area della Ricerca di Pisa e persino un po’ di ricerca, dopo il dottorato.

Concorsi non ne sono usciti per anni e, in piena pandemia, una collega mi segnala quello da “1° tecnologo per la comunicazione”. Invio i materiali – il concorso era per titoli e colloquio – e vengo selezionato per l’orale. Bravura? Fortuna? Sono portato a pensare decisamente più alla seconda. Non so quante domande ci siano state, ma certamente moltissime, e a fare l’orale siamo arrivati in 11. Non ho fatto un buon orale – ero troppo teso, troppo “su di giri” e alla fine, nel tentativo di impressionare la commissione, ho sbagliato tutto, quindi: 11esimo su 11. Ultimo. Fine della storia.

Invece, a un certo punto, hanno cominciato a prendere il secondo, poi il terzo, ecc. Lo scorrimento è stato rocambolescamente agevolato dallo scorrimento di un’altra graduatoria in cui erano alcune persone del “mio” concorso. Questo ha fatto sì che rinunciassero alla posizione nel concorso in cui ero, per prendere il posto nell’altra graduatoria (che dava almeno un anno di anzianità in più). Ultimo scorrimento: fine gennaio 2022. Da oltre un anno non sapevo se sarebbero mai arrivati in fondo e dopo aver non dormito, essermi incolpato per aver fatto un pessimo orale ed essere arrivato ultimo, aver chiesto a tutti i sindacati, aver scritto a destra e a manca, essermi rassegnato, ecco che finalmente lunedì una collega, anche lei in attesa dello scorrimento per un altro concorso da 1a ricercatrice, mi dice: «ma guarda che non ti arriva nessuna comunicazione, devi andare tu a vedere nella documentazione del concorso!» – beh, rientro in ufficio e la prima cosa che faccio è andare a vedere: in effetti c’è una riga in più. Apro il PDF allegato e si dice che, sì, con me arrivano ad esaurire la guarduatoria così da chiudere definitivamente quel bando. Anche io sono “dentro”.

Adesso, a una settimana di distanza da quel documento caricato sul portale del CNR, son qui che ne scrivo e in certi momenti ancora non ci credo. E’ difficile dire quanto impegno, speranze, competenze si sono “puntate” su una cosa (una legittima progressione di carriera?), per accorgersi che quasi niente di quella “cosa” dipende da te e i tuoi meriti possono valere poco o niente o tutto. Se questo da un lato dovrebbe rasserenare (alla fine non dipende da te!), dall’altro non può non indurre uno stato depressivo: il sistema funziona così e tu hai vinto il concorso 12 anni fa, hai accettato il posto di lavoro, accettando implicitamente le regole che lo governano. Quindi devi accettare anche il fatto che per 12 anni sei stato CTER VI livello senza fare un passetto avanti, nonostante tutto il lavoro fatto, riassumibile in una decina di pagine di curriculum. E accettando il fatto che, siccome il concorso l’hai vinto a 41 anni, “da vecchio”, adesso che ne hai 53 non hai praticamente più nessun margine per cambiare lavoro e “morirai” (lavorativamente parlando) CTER VI livello. O forse V. Non proprio una bella prospettiva, insomma.

E invece, per quanto ormai rassegnato e pronto ad accettare la situazione, la situazione è cambiata. E ancora, ripeto, stento a crederci.