Le volte in cui mi accade di parlare in pubblico di questioni legate all’ecologia, cito un episodio che ho letto in un libro, questo. Tra le interessanti narrazioni che il libro elargisce c’è senz’altro quella secondo cui un bel giorno, alla fine degli anni Settanta, gli amministratori delle verdi campagne del sud dell’Inghilterra si trovarono a fronteggiare una piccola catastrofe ecologica: centinaia di conigli stavano devastando i raccolti. Decisi a non fare una «caccia al coniglio», gli amministratori decisero per una specie di «lotta biologica integrata»: diffondere nella popolazione il virus della mixomatosi che più di un atto di pietà (come poteva essere cacciarli: un colpo secco e magari te lo fai in salmì), a leggere quel che il virus fa ai conigli, sembra un atto di crudeltà, ma tant’è: decisero per quella via e così fecero. Contestualmente a quell’episodio (eradicazione della «piaga» del coniglio selvatico), ciò che nelle verdi campagne inglesi contribuì a rendere l’erba altissima (a breve spiego perché è importante questa faccenda dell’erba) fu la vendita, quasi in massa, del bestiame che gli allevatori non avevano più convenienza a tenere. Così in tutta la zona l’erba – mantenuta «bassa» da conigli e mucche (che ne mangiano circa 70 kg. al giorno) – crebbe senza controllo. Beh, direte voi, ma a noi che ce ne importa? Nella zona (soprav)viveva, con qualche difficoltà, una specie in via d’estinzione: una bella farfalla azzurra, la Maculinea Arion – annoverata tra le specie estinte in Europa (secondo un elenco su Wikipedia), ma forse, secondo altre fonti (il sito dell’Unione eropea e un progetto europeo «Life+»), attualmente presente, sempre in modo un po’ precario in varie parti, compresa l’Italia.
Insomma: la Arion scompare in concomitanza con i conigli selvatici. Naturale chiedersi (come in effetti si sono chiesti): c’è una relazione? La risposta è stata: sì c’è una relazione. La Maculinea Arion infatti, a dispetto della sua bellezza, ha un rapporto di parassitoidismo nei confronti delle formiche (Myrmicae) delle specie scabrinodis e sabuleti: lascia che le sue larve vengano covate dalle formiche, che però prediligono – e hanno di fatto come habitat – terreni con erba bassa. Che però, abbiamo visto, con la scomparsa dei conigli e delle mucche, non c’è più stata.
Uso questo esempio per mostrare quando, anche in «buona fede» si cerca di porre rimedio a una situazione, a volte si fanno danni. Per carità: danni che in questo caso sono stati riparati dalla tutela della specie, da una «attenzione» rivolta all’ecologia, ma dove il movente iniziale è stato «antropocentrico»: rimuovere il flagello dei conigli.
L’esempio mi ha fatto tornare alla mente un episodio raccontatomi da un conoscente, legato a un concerto dei Pink Floyd che si tenne a Venezia, uno degli «ecosistemi umani» (e urbani) più fragili al mondo, i 15 luglio 1989. Le due cose non sono così connesse in realtà, se non per l’impatto dirompente che l’essere umano ha, in ogni sua forma, quando arriva in zone fragili (Venezia) nella più completa disorganizzazione. L’intento era in sé buono (ascoltare buona musica) e bello (farlo a Venezia), ma la sua realizzazione, come mostra questa (1, 2, 3 e 4) rassegna stampa recuperata sul web, fu un vero e proprio flagello.
Il conoscente poi – che, ancora ragazzino, al concerto andò col padre – ricorda «i pesci morti in laguna», ma di questa notizia non ne ho trovato traccia (ancora una volta: antropocentrismo – e… chi se ne frega dei pesci morti? – Oppure un «falso ricordo» dove ai pesci forse bisogna sostituire le bottiglie di palstica e la spazzatura che è rimasta lì per due giorni?), se non qui, ma riferita a tutt’altro contesto e a tutt’altro concerto.