Riordinare le idee

don chisciotte e i mulini a vento

Don Chisciotte e i mulini a vento: una battaglia persa…

Dunque, forse sì, si tratta di riordinare le idee dopo un mio articolo/post ospitato sul sito degli amici di Semi di scienza, questo, che arriva dopo la Cop26 e dopo un paio di post dell’amico, collega e autore di Lu::Ce edizioni Luca Pardi, su Facebook (in particolare mi riferisco a questo, questo e questo). A rincarare la dose l’altro amico e autore di Lu::Ce, Jacopo Simonetta, che proprio ieri scriveva questo lungo post, da lui stesso definito “incazzato”, sul nostro sito “apocalottimista”, qui.

Insomma: la scontentezza, lo scoramento e l’arrabbiatura è tanta. E, mi pare, a ragione. Ormai sembra che la tv di stato sia il metro con cui si misuri la distanza tra il paese reale e quello che la politica sembra avere in mente* – eccezion fatta per le notizie di cronaca, pure quelle sempre un po’ al limite dell’incredibile.

L’inerzia ci ammazzerà. E non lo dico solo nel senso letterale del termine, visto che si discute ancora e ancora e ancora, di ridurre le emissioni, nessuno lo fa e se anche le mettessimo a zero adesso, per i prossimi 100 anni almeno (tempo medio della persistenza dell’anidride carbonica in atmosfera, come ci ricorda nelle prime righe di questo post Rinaldo Cervellati) le conseguenze continuerebbero a farsi sentire e sarebbero disastrose. Lo dico anche a titolo personale: si arriva a sera un po’ bolliti e per capire se è successo qualcosa nel mondo si accende la tv e si guarda un TG, retaggio familiare duro a morire – ma almeno NON abbiamo la tv in cucina e quindi non mangiamo guardando la tv (che sarebbe davvero troppo… – una tv che, per fortuna, per altro, guardiamo con parsimonia). E talvolta capita che si veda quella specie di appendice di approfondimento, che più che altro somiglia a uno studio di sociologia/antropologia comparata, per il tenore degli ospiti: “TG2 post”.

Nella puntata del 24 novembre, recuperabile sul web a questo indirizzo, sulla “transizione ecologica” che, sui media generalisti, noto, viene sistematicamente confusa con la transizione energetica, sebbene le due transizioni vadano di pari passo e, semmai, volendo essere un po’ precisi, senza transizione energetica non ci sarà nessuna transizione ecologica, ma vabbè, sono errori veniali, per carità.

Ospiti della puntata: Roberto Cingolani (il “cigolante” Cingolani…), Ministro della Transizione Ecologica; Francesco Caio, AD della multinazionale Saipem (che ha “in pancia” come socio di maggioranza ENI – ah, la transizione come la vedo male…) e infine il Rettore dell’Università “Tor Vergata” di Roma, Orazio Schillaci. Non voglio raccontare la puntata, non avrebbe senso: ognuno può vederla da sé. Ma di questo incontro, al limite del surreale, mi ha colpito un aspetto all’apparenza marginale. Se il diavolo sta nei dettagli, allora da un lato ho ascoltato le affermazioni, al limite dell’imbarazzante, di Cingolani che ribadisce il primato della cultura scientifica (assente) in Italia su quella umanistica (“basta con le guerre puniche!”, al minuto 9,56) secondo un cliché che a fatica da più parti, almeno a parole, si cerca di smantellare, a partire dalla “mia” presidente(ssa) del Cnr, Maria Chiara Carrozza, che nei videomessaggi che riserva a noi dipendenti, parla (finalmente!) di competenze interdisciplinari, così come ne parla lo stesso Rettore che però è il primo, mi pare, a non avere cognizione della patria lingua – ah Dante che da 700 anni sei morto… per favore continua a riposare in pace: questo in cui viviamo è il vero medioevo, non quello in cui tu vivevi!

Cito testualmente dal suo intervento, poco prima di quello di Cingolani sulle guerre puniche: “io credo che l’università di oggi si deve adeguare a quelle che sono le richieste… credo che è necessario sviluppare nuovi corsi di laurea che siano transdisciplinari”. La prima si abbuona sempre, la seconda vuol dire che non sai come si parla: mi sono cadute le orecchie. No, scusi Rettore, con tutto il rispetto, ma in italiano si dice “credo che l’università di oggi si debba adeguare” e anche “credo che sia necessario sviluppare nuovi corsi”. Credo, caro Rettore, che lei debba tornare a studiare l’italiano: all’istituto tecnico industriale che ho frequentato diversi decenni or sono il mio professore di Italiano e Storia mi avrebbe messo 2 per molto meno. E questo, al netto di tutto, credo sia inaccettabile.

Ecco questo, senza neppure entrare nella sostanza delle argomentazioni su cui pure moltissimo ci sarebbe da dire – a partire dal fatto che nessuno ha il coraggio di affermare che bisognerebbe TUTTI consumare MENO -, è stato il tenore della discussione. Si continua con il paradigma “crescista”, quando veramente rivoluzionario (e più aderente alla realtà, se si guarda al grafico qui sotto) sarebbe cominciare a parlare di stato stazionario dell’economia

andameno PIL e debito pubblico in Italia nel ventennio 1995-2015

Andameno PIL e debito pubblico in Italia nel ventennio 1995-2015 (fonte ISTAT)

Chiudo con Cingolani che, annovera (ma non è né il primo né l’ultimo) tra le “rinnovabili” il nucleare di ultima generazione, slittando sulla buccia di banana e cercando di riprendersi in extremis, virando verso la fusione (e non la fissione) che, a quanto ne sappiamo, è ancora una specie di miraggio energetico, degno dei migliori deserti.

Insomma: 20 minuti ben spesi, dove la “Transizione Ecologica” in sostanza è ridotto al gas (Saipem) notoriamente rinnovabile (di notte i giacimenti si riempiono per una legge che forse solo l’AD conosce), le parole d’ordine (sempre le stesse) sono “nuovo”, “novità”, “innovazione”, “formazione” e su quest’ultima possiamo pure mettere da parte le discipline umanistiche – quelle che per prime concorrono allo sviluppo dell’individuo, del suo senso critico e del posto che occupa nel mondo (cose notoriamente inutili e anzi d’ostacolo per un buon tecnico) – in favore, appunto, di capacità che devono essere tutte tecniche, secondo il vecchio, ma sempre valido motto, per il quale alla fine nella società contano i “come fare” più dei “perché fare”…

Ragazzi miei, quanto la vedo bigia!

* Tutti questi “sembra” perché mi rifaccio a percezioni del tutto personali, ma che vedo abbastanza condivise dalle persone che ho intorno, a partire dai due amici citati sopra.

Afghanistan e i soldi per fare la guerra

Reduce dal “discorso alla nazione” di Joe Biden finito qualche ora fa, e trasmesso in diretta anche alla nostra di nazione, ascolto, basito, la cifra che è costata ai soli Stati Uniti questa guerra ventennale: 300 milioni di dollari al giorno, tutti i giorni, per 20 anni. In un anno sono 109,5 miliardi di dollari che, moltiplicati per 20 anni, fanno 2109 miliardi di dollari o, nell’uso statunitense, 2,1 trilioni di dollari (approssimando per difetto).

Quante altre cose si possono fare con tutti questi soldi, con uno sforzo economico così ingente? Fatico a scegliere, ma essendo diciamo “sensibile” alla questione energetica e quindi alla sua auspicata e auspicabile transizione, per non far bollire noi stessi di effetto serra e per offrire un po’ di giustizia e di equità sociale (che, ce lo dimentichiamo troppo in fretta, passa soprattutto dall’energia – perché le guerre si fanno soprattutto per questo…), scelgo questo: la transizione energetica.

Allora faccio due conti della serva, basandomi sulla mia modesta esperienza personale. Nel 2019 ho installato un impianto fotovoltaico sul tetto di casa mia della potenza (di picco) di 6 kW, con delle batterie (con capacità di accumulo di 7,2 kWh) per essere – a queste latitudini – quasi indipendente dal gestore dei servizi elettrici (GSE) per quasi tutto l’anno (certo: d’inverno, con giornate corte e magari piovose, un po’ di corrente la chiediamo, per carità… ma è proprio poca e le mie bollette in sostanza consistono di fatto in oneri fissi di allaccio alla rete, senza contare quella che in rete ributtiamo e che quasi regaliamo, visto che viene ripagata praticamente nulla).

Da utente finale, grazie agli incentivi che c’erano all’epoca (sostanzialmente fiscali), la detrazione, anziché essere fatta nei 10 anni a venire sulla dichiarazione dei redditi, poteva essere ceduta tutta e subito alla ditta che ha eseguito l’impianto, così per un impianto “chiavi in mano” dal costo nominale di 15mila euro, ne ho spesi esattamente la metà, 7,5 e lo sgravio fiscale che mi sarebbe toccato nei 10 anni successivi l’ho, appunto, ceduto all’azienda (si chiama “cessione del credito”, appunto). Non ho crediti da vantare, ma ho avuto un formidabile sconto subito.

Continuiamo col conto: diciamo quindi, per approssimare e farla semplice, che anziché 7mila e 500 euro ne ho spesi 6mila (magari i costi si sono ulteriormente abbattuti in questi due anni e io sto parlando sempre da utente finale…) e quindi posso fare una equivalenza del tipo mille euro per kW installato, “chiavi in mano” (cioè a impianto funzionante). La ditta inoltre mi garantisce, da contratto a queste latitudini (vale a dire “circa” centro Italia), una produzione annua di 7.200 kWh (per i primi 5 anni, poi ci sarà senz’altro una flessione nel rendimento dei pannelli, ma queste flessioni sono molto contenute). Il cambio euro/dollaro di oggi è 1:1,18 ovvero 1 € = 1,18 $. Compensiamo la stima per difetto di prima (1 kW installato = 1000 € e quindi per installare 1 watt ci vuole 1 €) con quella in eccesso di adesso, dicendo che il dollaro è uguale all’euro, in un rapporto 1:1, così la cifra dei 2,1 trilioni di $ diventa di 2,1 trilioni di €. Ma solo per fare i conti pari e “spannometrici” (e, per carità, teorici: a queste “scale” ovviamente gli investimenti dovrebbero essere strutturali – e i costi si abbasserebbero ulteriormente…).

Insomma con questi soldi la potenza installata potrebbe essere quindi di 2,1 trilioni (2,1 * 10^12) di watt che, ipotizzando Pisa (dove vivo) caput mundi con una produzione annua minima come quella garantitami (7.200 kWh/anno che risulta sicuramente più elevata anche solo spostandosi in sud Italia) significa 2.530.800.000.000.000 (1) (due miliardi e cinquecentotrenta milioni e ottocentomila… miliardi di) Wh, ovvero 2.531 TWh (terawatt/ora – il prefisso “tera” = 10^12) all’anno.

Sapete qual è stata la domanda di elettricità nazionale per il 2019 (il 2020 non l’ho preso in considerazione essendo un anno comunque anomalo per il lockdown pandemico)? 316,6 TWh (a questo link la fonte del dato), ovvero un ottavo di quello che – ipotizzando di poter investire tutti i soldi della ventennale guerra in Afghanistan in qualcosa di utile come la messa in opera massiva di pannelli solari – questa potenza installata avrebbe potuto produrre. L’avremmo fatta la transizione energetica in Italia? No, ne avremmo fatte 8!!!

Ma vediamo questo dato per gli Stati Uniti che, sempre nel 2019, ha avuto un consumo di 3.955 miliardi di kWh (a questo link la fonte del dato), quindi 3.955 di TWh. Ecco, qui non ce l’avremmo fatta a coprire il fabbisogno complessivo, visto che 3.955 è superiore a 2.531, ma una bella mano se la sarebbero data pure loro e stiamo pur sempre parlando di una delle prime potenze mondiali (diciamo la prima insieme alla Cina)!

Questo solo per citare la prima cosa che mi è venuta in mente – ma che sarebbe una cosa di vitale importanza per sfuggire alla trappola energetica nella quale ci siamo cacciati, visto che dipendiamo ancora oggi per oltre l’80% da fonti fossili e atmosfera, mari, oceani e terra non ce la fanno più ad assorbire anidride carbonica.

E tutto questo senza contare le vite umane. Perse. Per sempre. Valore? Non monetizzabile, infinito, fuori scala. Siamo veramente animali di una stupidità formidabile!

(1) per ottenere questo numero ho diviso i 2,1 TW per 6 kW – la dimensione del mio impianto – a cui però equivale la “produzione garantita” di 7.200 kWh/anno.

La nostra Twingo elettrica in ricarica, a casa (in una bella giornata di sole…)