Amazon e “il manifesto”: il mistero di un e-book

Ieri mi è stato segnalato, in una chat su whatsapp, questo ebook: https://leggi.amazon.it/litb/B08JCMG8WL?f=1&l=it_IT&r=c744d6fb&ref_=look_inside
Le piccole-grandi contraddizioni sono sempre dietro l’angolo e, in primis, questa sta in coloro che hanno pubblicato l’instant e-book segnalato al link (Attenti ai dinosauri, curato da Luciana Castellina). Ho letto la premessa (della Castellina) al libriccino, in cui parla di “fede ambientalista” – e mi vien subito da pensare al fatto che tutto sia diventato “religioso”, nel senso deteriore del termine, se anche per l’ambientalismo si deve parlare di fede.
Ma, a parte questo, al solito ciò che mi sconcerta è il “mezzo”: la pubblicazione sembra essere su Amazon e DA NESSUNA ALTRA PARTE sul web (il link indicato infatti rimanda al sito Amazon). Quindi se si vuole acquistare e comprare questo e-book è necessario passare dall’azienda gestita da uno dei più grandi filibustieri e disintegratori del pianeta che troviamo nella modernità: Jeff Besoz.
A qualcuno di coloro che mi conoscono più da vicino credo di aver accennato il contenzioso avuto con Amazon per la mia piccola attività editoriale che avevo messo sul loro marketplace dopo regolare registrazione: dopo 3 mesi che mandavo libri, (1) con ordini di UNA COPIA alla volta (quindi corrieri che impazzano a destra e sinistra per 300 g. di libro); (2) con una specie di accordo capestro in cui si hanno 24 ore per mandare il libro stesso (o dire che non è disponibile) e (3) un pagamento “a babbo morto” del 49% sul prezzo di copertina (loro si tengono il 51%, non negoziabile! – così si fa presto a fare i soldi…), ebbene dopo 3 mesi così hanno sostenuto che non mi potevano pagare perché non emettevo fattura. Ma io non posso emettere fattura (nel form di iscrizione avevo messo il codice fiscale) perché il marchio editoriale fa capo a una associazione culturale che non può avere partita iva (quindi posso emettere ricevute ma non fatture). Sono andato alla Codacons e dopo un paio di mesi e qualche botta e risposta tra avvocati ho avuto quel che mi spettava (spiccioli per loro, eh, intendiamoci) e ho chiuso definitivamente il marketplace di Lu::Ce edizioni (anche se i miei libri lì si trovano ancora e la prossima mossa sarà fargli causa perché a chi cerca di acquistare lì sicuramente dicono che il libro non è più disponibile – l’accordo commerciale con me è saltato – mentre invece lo è, e in questo modo mi danneggiano…) e a livello personale su Amazon non compro più neanche uno spillo da anni.
Questo solo per dire che si parla di ecologismo, di buone pratiche, buoni propositi ecc. e poi si cade sulla “buccia di banana” della “comodità”: essere su Amazon dà visibilità, è comodo, tutti comprano lì – facile no? Ragazzi la vedo davvero in salita se vogliamo cambiare realmente le cose!!!
PS: cercando meglio scopro che l’e-book si trova in effetti anche sul sito del “manifesto” (per altro a un prezzo decisamente inferiore di quello a cui è venduto su Amazon – te pareva? – a questo indirizzo: ), ma (1) il fatto che abbia dovuto impiegare 10 minuti buoni a trovarlo e a impegnarmi perché non compare nei primi risultati di Google, ma ci sono arrivato attraverso le immagini, la dice lunga… e (2) il libro viene indicato come “novità” anche se è già “non disponibile” (vedi immagine qui di seguito…)! Potenza di Amazon? Siamo veramente al paradosso.
Passo e chiudo, buona domenica!

Amazon e il pizzo del servizio "Prime"

Ora: è noto dalle cronache dei (tele)giornali, dal web, dai mensili: i colossi quasi mai si comportano bene e sempre più spesso mostrano il loro vero (duplice) volto di Giano: da una parte moltissimi servizi apparentemente gratis, dall’altra dati (i nostri) comprati e venduti, le nostre vite in loro “possesso” e, nel caso questi colossi siano anche produttori di oggetti fisici – come Apple (computer e telefoni) e Amazon (libri e non solo) – non mancano le antiche storie di sfruttamento, spesso documentate da giornali come Internazionale.
Tutte cose che sappiamo e sulle quali molti di noi – e il sottoscritto, ahimè, non fa eccezione – passano sopra: ho un computer Apple (anzi 2, se conto quello di lavoro) e ho acquistato a più riprese su Amazon. Uso il passato perché già avevo dirottato quasi tutti i miei acquisti sul “nostrano” IBS, ma dopo l’episodio spiacevole accaduto a me e mia moglie, abbiamo deciso di metterci un bel crocione sopra. Avete presente il tanto sponsorizzato (anche in tv) servizio “Prime”? Serve, con la modica (uso eufemismi) gabella di un tot al mese di 19,99 € (la presa in giro anche sull’importo…) ad avere in tempi veloci come la luce le cose che avete ordinato a casa vostra (o all’indirizzo che preferite). Servizio spesso inutile: come “studioso” non ho mai avuto tanta urgenza su cose nuove e appena uscite. Se l’urgenza c’è per compulsare un testo, è spesso quella di cercare (e trovare) cose irreperibili anche in biblioteche parecchio fornite, come quella della Scuola Normale…
Partito in sordina e come servizio opzionale è diventato sostanzialmente un obbligo che né io né mia moglie a suo tempo sottoscrivemmo (anche perché non siamo “compratori frequenti”, per tradurre un orribile anglicismo) ma per il quale ci siamo ritrovati puntuale addebito sulle rispettive carte di credito. Così intanto, come prima mossa, abbiamo cancellato i dati delle nostre carte sui rispettivi profili e come seconda, abbiamo provveduto a contestare l’addebito ai nostri rispettivi istituti di credito.
In particolare pare che questo “giochino” sia particolarmente diffuso, al punto che, per esempio, il call center di Unicredit stia, da qualche tempo, rispondendo solo su questo problema di addebiti non autorizzati. E dire che più grossi sono più dovrebbero farsi garanti e tutelare le utenze, invece, non più tardi di qualche mese fa, ancora si parlava di quanto questi colossi hanno evaso ed eluso il fisco delle nazioni in cui sono presenti, come racconta questo articolo de “Il Sole 24 Ore”.