Stare in giro

1. Garfagnana e Lunigiana (sabato)

Ecco, a volte il semplice “stare in giro”, “essere in giro” è fonte di una specie di felicità primordiale. Ieri, sabato, avevo il pomeriggio libero e, dopo mesi di rinunce e di pigrizie – nonostante il bel tempo – mi sono deciso a tirare fuori di nuovo il mio Honda Forza 750, acquistato lo scorso anno a gennaio.

Mi sono avventurato per strade note, sul limitare dei (quasi) 11mila km e… con le gomme definitivamente da cambiare (soprattutto l’anteriore…), imboccando, dopo qualche curva di riscaldamento, la valle Serchio, in direzione Castelnuovo Garfagnana. Ho (ri)fatto una strada fatta anni addietro e poi ripercorsa in anni più recenti. Posti che evocano la mia gioventù (siamo “dietro” le Alpi Apuane) un entroterra dove il tempo sembra comunque scorrere a una velocità diversa e senz’altro più lenta.

E comunque a “inizio stagione” è sempre un po’ così: mi sento rigido in sella; al mezzo, di cui razionalmente mi fido, non mi affido e tendo ad andare in “levare” (mollando il gas) anziché in “battere” (cioè dando gas), tranne… quando sul rettifilo con un paio di curvoni larghi, nel pezzo che raccorda la fine della discesa della statale 12, verso Lucca, uno con una “motona” (Ducati? Dal rumore sembrava, ma non ricordo…) non mi supera a tutta birra. Allora mi dico: “se lo può fare lui, lo posso fare pure io” (perché in quel pezzo, come in molti altri, delle nostre patrie strade, non conta mai fino in fondo la cavalleria, ma il manico…). Insomma: un piccolo test per capire se ci sono, se il mezzo c’è, se ci siamo ancora. Sì, ci siamo ancora. Il ragazzo esagera, usa male il gas ed è costretto a frenare (quei curvoni, proprio perché veloci, vanno impostati bene, altrimenti in un attimo sei nell’altra corsia o contro il guardrail…) , mentre io no e quindi, come dicono i cronisti, sugli ultimi tratti recupero e gli sto “francobollato”.

Poi però non è quello lo scopo, anzi: è proprio l’opposto ed è andare a passeggio. Così passeggio e vado ancora più piano da Castelnuovo in su (verso Minucciano, Piazza al Serchio), perché lì le strade si fanno più strette e gli asfalti più ruspanti. Infatti, nonostante la velocità ridotta, mi faccio un paio di numeri da circo equestre perché in un caso ho preso un sassetto – caduto dalla montagna franosa – sulla gomma davanti che ha scomposto il Forza e gli ha fatto cambiare traiettoria; in un altro, in piega, sento di nuovo l’avantreno (ripeto: complice la gomma finita) che va per i fatti suoi a causa di un asfalto fatto a gobbe e “oleoso”. Ma, a parte questi due episodi (che comunque si mettono in conto, soprattutto se non si esagera), uno spasso. Intanto tra Garfagnana e Lunigiana (nota per i suoi castelli), vi sono un certo numero di pievi (e non me lo ricordavo), a partire da quella il cui toponimo è indicato proprio dalla Pieve (San Lorenzo, a Minucciano), Piazza al Serchio (con la sua chiesa/Pieve di San Pietro) e i posti, semideserti, di questa “Italia interna” sono sempre un bel vedere.

Scendo su Aulla dove, non ho più nulla da raccontare se non il ponte di Albiano Magra, i cui lavori – forse sulla scia del più tragico Morandi – stanno procedendo (o almeno: sembra a vedere da qui): traffico, auto, Aurelia, un sabato pomeriggio come tanti. Qui di seguito la mappa Google del giro… (ah, per i più attenti alle statistiche: mi sono messo in sella alle 14,30 e sono rientrato alle 17,30 circa – ma non ho mai fatto soste. Nonostante la marcia “da passeggio” tra salite e discese, curve e controcurve il cambio doppia frizione DCT ha fatto le sue cambiate a regola d’arte e non ho avvertito stress di nessun tipo sul mezzo. La temperatura, devo dire, anche ideale e anzi: il consumo è passato dai 3,8 litri/100 km – 26,3 km/l – a… 3,7 = 27 km/l).

giro del 26 maro 2022

2. Intermezzo: indian experience

Per fare “qualcosa di diverso” ieri sera abbiamo ordinato dall’indiano con consegna a domicilio (ma NON Just Eat o altre follie della modernità – soprattutto quando, nella stessa giornata, proprio un giovane rider muore a Livorno in un incidente stradale: semplicemente sul sito e con consegna… che, abbiamo scoperto a nostre spese essere “random”). Mal ce ne incolse infatti: ordine sul sito alle 19,20 e consegna prevista dopo 45 minuti. Perfetto, ci siamo detti, pregustando risi e altre prelibatezze intingolate a sufficienza, ma… arrivano le 20,30, le 20,45, le 21 e nessuno bussa alla nostra porta. Ci attacchiamo al telefono: scopriamo che al cellulare messo sul sito risponde chi dovrebbe consegnare, ma la cui comprensione e produzione della nostra lingua è insufficiente per la modesta funzione da svolgere (che è: prendere le cose impacchettate, trasportarle all’indirizzo che supponiamo essere stato inserito correttamente, copia-incollato da nostro ordine online, su un navigatore disponibile su qualunque cellulare, raggiungere l’indirizzo, scampanellare, consegnare la mercanzia mangereccia, prendere i soldi e salutare). Ci chiede di chiamare sul fisso. Lo facciamo e, dopo qualche tentativo prendiamo la linea. La signora ci dice che il ragazzo forse ha avuto un problema allo scooter, adesso si informa e ci fa sapere. Ovviamente non ci fa sapere e quindi richiamiamo. Ci dice che è davanti casa nostra. Caspita! Siamo “fronte strada”, ce ne saremmo accorti. Mi catapulto fuori e la via è deserta. Neppure rumore di scooter in lontananza. Il giochino va avanti un po’ ma cominciamo a essere demoralizzati dalla fame. A un certo punto rifaccio il numero di cellulare, deciso a venire a capo della cosa. Il ragazzo mi risponde e mi dice, pure lui, che è davanti a casa mia e c’è un cane – che sento distintamente abbaiare nel suo telefono, ma non intorno a me. Che ci sia uno sfasamento nello spazio-tempo? Gli dico che non è di sicuro quello l’indirizzo: a casa mia non sta abbaiando nessun cane. La questione si fa seria! Piantono e presenzio la via in cui abito come ne fossi il proprietario: scruto a destra e a sinistra, i minuti passano. Sento il campanile di Oratoio battere le 21,30 ma, finalmente, qualche minuto dopo, si avvicina un rumore di scooter che procede a singhiozzi, tipico di chi va piano e cerca un indirizzo. La via in cui abito nel primo tratto è rettilinea, ma poi prosegue piegando a oltre 90 gradi: se si procede dritti si va in un’altra strada (ma questo il navigatore LO SA). Avendo intuito il soggetto e vedendolo transitare pur a bassa velocità dritto, mi sbraccio e urlo – facendomi riconoscere dal vicinato che sicuramente avrà spiato dalle finestre, cercando di capire chi era il pazzo che continuava a dire “Di qua! Per di qua! Sono qua!”, agitando le mani. La via, ripeto, era VUOTA e SILENZIOSA. Insomma, riesco a raggiungerlo. Lui finalmente capisce di essere “arrivato” e… sorride. Perché dagli indiani (e in generale dagli altri) abbiamo da imparare – soprattutto a relativizzare. Ne veniamo a capo, anche se i risi sono quasi freddi per tutto questo girare. Fa 22 euro (ma ci mangeremo anche stasera data l’abbondanza delle porzioni), lui insiste per 20, sconto “disagio”, io insisto per 22 perché “ragazzino imbranatino”, devi imparare magari a parlare la nostra lingua se vuoi stare qui, e a fare meglio questo mestiere infame dove si muore per consegnare. Prende i 22 e non smette di sorridere. Ridiamo anche noi una volta a casa. Mia moglie si è sbellicata sentendomi urlare per la strada – io che non alzo mai la voce. Prossima volta: razzi di segnalazione e giubbotto catarifrangente! Non ci resta che riderne. Finiamo di mangiare alle 22 passate…

3. Abbazia di San Galgano (domenica)

Ieri abbiamo tentato invano di prenotare qualche struttura da visitare col FAI, ma ci siamo mossi tardi: tutto sold out. Io però avevo voglia di stare ancora in giro, anche oggi. Perché non ci prendiamo la giornata e andiamo a vedere l’Abbazia di San Galgano, che da un sacco di tempo volevamo vedere? Facciamolo! Stamattina un po’ frastornati dal cambio dell’ora, ma contenti di giornate che saranno lunghissime per un po’, dalla finestra vediamo un tempo non proprio meraviglioso. L’indiano di ieri sera poi mi ha lasciato un mal di testa martellante: qualcuna delle salsine deve avermi dato noia, anche se ho digerito tutto. Partiamo comunque a un’ora decente: le 9 (che sarebbero le 8…), ma fuori ci sono 10 gradi. Di prendere il Forza, col mal di testa e con questa sensazione di freddo addosso, non ne ho voglia: andare su due ruote deve essere un piacere, non una tortura. Andiamo in auto. Non sono mai contento di usare l’auto, ma a volte non si può far diverso.

Strade spettacolari e ovviamente molto più da due ruote che da quattro, ma pazienza: me lo segno per momenti migliori (intanto come promemoria qui sotto di nuovo la cartina del giro che abbiamo fatto). Insomma la Toscana da cartolina di cui non ci stanchiamo mai. La struttura dell’abbazia è molto bella e l’assenza di copertura la rende ancora più magica. Ci ha ricordato l’ultimo viaggio che facemmo all’estero, prima dell’avvento della pandemia: Irlanda. La magia è in queste “aperture” (rosoni, bifore…) che hanno come sfondo il cielo – il contrario delle case “orbate”, rese cieche e senza finestre, ma il cui interno buio fa uscire solo oscurità, che così tanto abbiamo visto nelle immagini televisive della guerra in questi giorni. L’effetto qui, un po’ per la magia del posto, è invece proprio questa sensazione di leggerezza e di “comunicazione” con altro. Senza vene mistiche si ha come la percezione di essere comunque in un posto un po’ speciale. E dire che quel periodo storico, il Medioevo, lo chiamavano dei “secoli bui”… Se ci sono secoli meravigliosi sono stati quelli – ci hanno regalato Dante, Giotto e mille altri personaggi che hanno lasciato un’impronta indelebile nella nostra storia e cultura. Anche San Galgano arriva da lì!

giro del 27 marzo

Abbazia di San Galgano

Abbazia di San Galgano

Fuori dall'Abbazia

Fuori dall’Abbazia

Chiamalo, se vuoi, effetto pandemia. Note di un viaggio in nord Italia

Ho deciso di prendermi un po’ più di spazio per raccontare questo primo viaggio con l’Honda Forza 750 che ho acquistato a inizio anno. Un viaggio che è stata anche l’occasione per fare test del mezzo, di me stesso sul mezzo e della soddisfazione di “essere in giro” e di andare a trovare degli amici dopo quasi un anno e mezzo di segregazione pandemica. In un post su Facebook avevo descritto sommariamente le tappe del giro, ma qui approfitto per darne più diffusamente notizia.

16.06 – 1a tappa: Pisa-Valle Lomellina. Sono state tutte giornate connotate da grande calore, nonostante non si sia ancora entrati nella piena estate. Dopo aver montato le borse laterali (e NON aver preso le misure degli ingombri complessivi: le persone del gruppo Facebook mi scuseranno per questo…) mi sono messo sull’Aurelia. Proprio per prendere dimestichezza con gli ingombri posteriori ho deciso di “fare il bravo” e risalire le code solo in condizione di sicurezza, sorpassando “quasi” come se fossi un’automobile. Dopo aver fatto il primo pieno a Carrara mi sono messo sull’autostrada per evitare La Spezia e sono uscito di nuovo a Borghetto Brugnato, uno dei punti in cui più facilmente si può riprendere l’Aurelia che da lì, verso Genova, porta al Passo del Bracco. Notoriamente sovraffollato di motociclisti, passandoci in una giornata infrasettimanale di mattina, non ho trovato nessuno. Come si è comportato il Forza in questa prima parte? Benissimo, come sempre (ce l’ho da inizio anno e qualche km l’avevo già fatto in extraurbano) e, ovviamente, il test “vero” sono state le curve, bellissime, che conducono al passo: per me (ma è una preferenza personale – preferenza legata anche al fatto, che molti riterranno blasfemo, di NON aver ancora deciso come settare la modalità user…) in standard, con l’accortezza di scalare manualmente le marce prima delle curve (solitamente ne basta una) per non entrare (in curva, appunto) troppo giù di giri, è perfetto. Ho provato per brevi tratti anche la modalità sport, ma mi pare che il motore giri inutilmente alto e “imballato”, con la conseguenza di dargli spesso una marcia in più anziché scalarla. Insomma, se mai mi deciderò a fare il setting della modalità user sarà senz’altro una via intermedia tra la standard e la sport.

La cosa che però più mi ha fatto impressione dell’arrivo al Bracco è l’aver grattato a terra abbastanza velocemente il cavalletto sia a destra che a sinistra e neppure di poco! Un amico motociclista dice che in sostanza è da regolare il precarico: forse con le borse, riempite anche solo con pochi kg, anche se ero solo, ho un settaggio troppo “morbido”: devo verificare (soprattutto devo trovare il tempo per farlo). A parte questo – che però suggerisce anche l’estrema “confidenza” che il mezzo offre fin da subito – mi sembra la prova sia andata egregiamente nonostante… il traffico. Sì perché a parte il primo pezzo che porta al Bracco, scendendo verso Sestri Levante e Chiavari ho sempre trovato traffico – e anche pesante quando ho deciso di lasciare l’Aurelia in favore della 225 verso Cicagna e il Passo della Scoffera (mi hanno poi spiegato che sull’autostrada stanno sistemando alcuni viadotti e quindi i camion li hanno deviati sulle statali). In queste situazioni, checché ne dicano i puristi, ho apprezzato infinitamente il DCT che fa tutto il lavoro per noi! Basta pensare a regolare il gas e godersi il mondo intorno (per quanto possibile)!

Arrivato a Bobbio volevo fare il passo del Penice ma ho trovato una deviazione che me lo ha impedito e mi ha… spedito sul Brallo: molto più da X-adv che da Forza: strada abbastanza strettina, ma soprattutto con un fondo sporco e irregolare il giusto per farti mollare il gas e farti godere molto meno l’escursione. Comunque: sono arrivato a Varzi e ho fatto pranzo. La prima giornata è di fatto finita così perché poi ho incontrato l’amico – che era andato al lavoro in moto, giust’appunto – e insieme siamo andati a cena ad Alessandria con i suoi figli. Al rientro, sul fare del tramonto, la magia delle sconfinate pianure della Lomellina e… la molto meno magica pioggia (ed era letteralmente come se piovesse…) di insetti (soprattutto zanzare) che si spiaccicano sul frontale…

itinerario 1

itinerario 2

itinerario 3

17.06 – 2a tappa: Valle Lomellina-Trento. Complici gli orari poco ortodossi con cui l’amico che mi ha ospitato va via di casa per lavorare, alle 7 ero in sella. Gli ho chiesto la strada migliore per evitare il traffico dell’hinterland milanese e quindi ho fatto, su statale, Valle-Mortara-Vigevano-Abbiate Grasso e da lì verso Milano fino a incrociare la tangenziale ovest e andare in direzione della Milano-Laghi verso Como. Non bellissimo ovviamente, ma era l’unico modo un po’ rapido per metter su un po’ di km e andare dove mi ero prefissato di passare: dal lago di Como. Anche qui – che lo dico a fare? – traffico pazzesco in certi punti e sostenuto in altri. Il lungolago inoltre, che non avevo mai percorso, è una strada di nuovo piuttosto strettina in cui non viene tanta voglia di “correre” (per altro si è in vacanza e non ce n’è bisogno…). Arrivato a Nesso ho tagliato su verso Sormano per poi ridiscendere su Bellagio: qui devo dire mi sono incartato un attimo perché mi ero un po’ imposto di andare a memoria e non usare il navigatore, ma… ho fatto due volte il giro nello stesso punto (per altro con la spia della riserva che cominciava a smettere di lampeggiare per cominciare a urlare “metti benzina!!”…). Arrivo dunque a Bellagio, faccio il pieno e vado agli imbarchi per traghettare me e la moto a Varenna. Tempo grigio e caldo, ma senza pioggia. Sceso a Varenna seguo per Bellano, verso nord, sempre sul lungo lago e mi metto su una “statalona” (la 38) a scorrimento veloce che mi fa imboccare la fornace della Valtellina. Qui traffico meno intenso e giù di gas, sul tapis roulant d’asfalto fino alla località di Tresenda, dove ho preso per il Passo Aprica e dove, finalmente al fresco, mi sono fermato per una pausa pranzo-panino. Il tempo è migliorato e le strade pure. I paesaggi montani rincuorano e rinfrancano lo spirito, mentre il bicilindrico sotto gira bene sempre. Arrivo al Tonale, mi fermo, nuvole in quota minacciano pioggia e non ho voglia di prenderne: il tempo di un paio di foto col cellulare e sono di nuovo in sella verso la Val di Sole, dove c’è… di nuovo il sole e di nuovo un caldo fuori misura che mi accompagnerà fino a Trento, per paesaggi e strade che conosco perché ci feci vacanza qualche anno fa.

Arrivo a Trento cotto soprattutto dal gran caldo. Prendo la stanza d’albergo che trovo piacevolmente raffrescata e, lo ammetto, faccio un pisolino. Il primo appuntamento è per la sera, in pizzeria, con l’amico Marco, davanti al lago di Caldonazzo, proprio all’inizio della Valsugana. Quando è vacanza è vacanza!

alla sera finalmente davanti al lago di Caldonazzo, al fresco

Alla sera finalmente davanti al lago di Caldonazzo, al fresco

itinerario 4

itinerario 5

itinerario 6

itinerario 7

itinerario 8

itinerario 9

sul traghetto Bellagio-Varenna

Sul traghetto Bellagio-Varenna

19.06 – 3a tappa: Trento-Ciconicco (Udine). Ieri la giornata è stata di riposo e di “lavoro” per accordi che dovevo prendere col mio ex tutor di dottorato all’Università ma, fatta colazione e preparati i bagagli, eccomi di nuovo in sella alla volta della penultima tappa. Riprendo la strada della Valsugana in direzione Bassano del Grappa e, all’altezza di Primolano, devio per la statale 50 bis verso Feltre-Belluno: i posti sono molto belli (anche questi li vidi in occasione di un viaggio passato) e ben curati. La sosta per il pranzo è a San Daniele, luogo notissimo per il prosciutto – che infatti non mi faccio mancare (una delle valigie laterali ha esattamente la funzione di contenerne un po’ da portare a casa…) e del Forza mi sembra davvero di non dover dire nulla: regge i km, le temperature (non ha quasi scaldato neppure nei momenti di temperature sopra i 30), il traffico, le “sparate” in allungo (dove è stato possibile) e… tenendo fissa la media di 3,8 l/100 km! Solo a un certo punto proprio quella indicazione sembra impazzire, come potete vedere in questa foto:

l'indicatore "impazzito" del consumo medio

L’indicatore “impazzito” del consumo medio

Ma, a parte questo, non ho davvero nulla da eccepire: il Forza è un mezzo pratico, “facile” (e non è un difetto il fatto che lo sia: a 30 anni si cercano i mezzi impegnativi – e li ho avuti; a 50 si cercano i mezzi facili ma non meno divertenti). Prima di arrivare “dall’alto” su San Daniele, faccio Longarone e il Vajont. Mi fermo sul luogo della tragedia. Ci trovo turisti, pellegrini, motociclisti come me. Sulla splendida strada (la statale 251) che passa da Cimolais, ne vedo a frotte in direzione contraria: talvolta mi salutano talaltra no. Anche nella mia direzione li vedo negli specchietti, e presto sento i loro motori dietro al mio. Facciamo qualche piega insieme (non lesino sulle pieghe e prima di sorpassarmi credo studino che andatura tengo non capendo bene che mezzo ho sotto il sedere), poi, al primo rettifilo, alcuni mi passano e salutano col piede, altri non ce la fanno e mi “staccano” accanto, buttandosi in piega e rischiando di finirmi addosso (e soprattutto: non calcolando che io ho due “carichi eccezionali” che sono le borse…). Con la coda dell’occhio ne vedo uno che per evitare l’impatto (deve aver fatto male i conti…) finisce quasi oltre la mezzeria della strada. Non voglio che si faccia male nessuno: abbiamo obiettivi diversi e mollo senza problemi il gas lasciandoli andare. Il resto della giornata fila via liscia sotto un caldo abominevole, mitigato solo da una doccia che faccio al pomeriggio quando arrivo al B&B a 300 m. dalla casa di Gianni, dove sono già precettato per cena. Mangiamo nel suo orto-giardino e arriva da Cervignano anche un altro amico, Francesco. In un attimo tra chiacchiere, risate, buoni vini (plurali…) e buon cibo, si fa mezzanotte.

20.06 – 4a e ultima tappa: Ciconicco-Pisa. Arriva il momento di apprezzare il Forza nei trasferimenti: ho appuntamento per pranzo sulle colline fuori Verona (zona di Fumane-Molina-Gorgusello-Breonio, dove saremo a pranzo, appunto). Contravvenendo alla mia idea di avere la “geografia in testa” metto il navigatore, che dimostra di funzionare egregiamente (qui l’anello debole in realtà è il telefono, che comincia a essere un po’ datato e con la batteria insufficiente per un uso del genere…): alle 12 sono da Roberto e la moglie Paola – siamo tutti in un bagno di sudore, ma felici di rivederci finalmente di persona. Lascio il Forza sulla strada principale: trovato uno spiazzo in pendenza non mi faccio problemi e scopro l’ulteriore comodità del freno a mano. Anche qui tutto passa troppo veloce e sono fuori rispetto alla mia tabella di marcia di almeno un’ora. L’unica cosa che mi consola sono le giornate lunghe (anche se ho già apprezzato qualche pezzo in notturna, di ritorno dalle cene in Valsugana, su Trento…).

Saluto, faticando ad andarmene, alle 16. Strada fantastica a scender da Breonio e giù verso la statale 12 che mi riporterà a casa. Qui lo dico: quando ho potuto ho “sparato” per macinare km (spero di non aver beccato dei velox nascosti…). Passo Modena e mi sento “a casa”; mi fermo a far benzina (non ho contato quante volte l’ho fatta ma posso assicurare che sono poche e l’indicazione – pur “impazzita” a un certo punto – sul consumo medio è abbastanza fedele alla realtà…): finalmente mi rimetto sull’Appennino in direzione Abetone e arrivò lì – da una “allungatoia” (devo aver sbagliato qualche bivio) – alle 19,30, al fresco dei 1.400 m. sul livello del mare (il termometro della strumentazione di bordo segna 18 gradi, un sogno – mi verrebbe da dire a mia moglie: vieni su tu anziché giù io…). Le ultime curve le faccio davvero da “assatanato” con pieghe e contropieghe “orecchie a terra”, ma il Forza non molla e anzi: più pieghi più sembra rispondere meglio. Soddisfazione. Scendo. Mia moglie che sento al telefono per dirle che farò un pochino più tardi, mi dice di non correre e così faccio, godendomi questo scampolo di gita, con un’ultima immagine che mi si stampa nella mente: alla luce del tramonto, ormai alle porte di Lucca, le acque del Serchio immobili, a far da specchio al “ponte del Diavolo” o della Maddalena (questo, per chi non lo conoscesse). Uno spettacolo assoluto per quella immagine speculare perfetta nelle acque ferme. Alle 21 sono a casa, stanco della galoppata, ma felice per quello che sempre più mi sembra un acquisto azzeccato.