Ho approcciato in questi giorni l’ennesimo saggio che, pur non specifico per il progetto di dottorato presentato, ho pensato potesse venire utile – anche solo per la famigerata “cultura personale”, di cui non ce n’è mai abbastanza.
Il saggio in questione è Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere. L’editore è Einaudi – come già accadde per quello che ormai è un long seller di successo: Armi, acciaio e malattie – e l’autore è il noto Jared Diamond. Prima di questo ho letto l’ultimo libro della mia coetanea Naomi Klein Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile, un altro tomo ponderoso (756 pagine) e documentatissimo sulla questione ambientale – e non solo – che si focalizza su molte realtà diverse ma soprattutto su quella nordamericana (Stati Uniti, Canada).
A parte il fatto di avere in comune una prolissità che trovo a tratti snervante e fuori luogo, fatta di una quantità di dettagli che credo al lettore medio freghino poco o punto, nel caso della Klein la cosa è “perdonabile” perché (1) è un libro “giornalistico” che, pur documentatissimo, non ha alcuna velleità scientifica e (2) l’autrice prende una posizione di chiara condanna sin da subito di fronte allo stato del mondo e delle cose che vede. Diamond – che sapientemente argomentava nel pur ampio trattato (ultima edizione: 402 pagine) che lo ha reso celebre – nelle prime 70 pagine di questo (che consta di 566 comprensivo di indici…) non sta ancora di fatto dicendo nulla, a parte raccontare la storia recente del Montana (e dei suoi “amici-con-le-fattorie”) che, mi auguro, nel prosieguo siano trama necessaria a far comprendere al lettore quel che alla fine il lettore – se proprio non è completamente deficiente – già sa e ha costantemente sotto gli occhi nel proprio paese (è la globalizzazione baby e tu caro Diamond vivi nella terra di quelli che l’hanno inventata ed esportata per primi…): le piccole fattorie non ce la fanno perché o chiudono o vengono assorbite da quelle più grandi (ma va?) perché non c’è “economia di scala” e via lungo la fiera delle banalità sulle dinamiche che tutti possono vedere ovunque (l’inquinamento, il profitto dei pochi e i danni sul territorio – occupazionali, di inquinamento, ecc. – che ricadono su tutti e via discorrendo). Non capisco perché e non lo capisco da uno che sembra essere persona di grande intelligenza (non foss’altro che per il fatto di essere amico del curatore dell’edizione italiana, mio ex docente del master triestino della Sissa: Luigi Civalleri): cui prodest? Vado avanti perché i titoli dei capitoli successivi sono promettenti, ma Diamond col Montana – che sarà pure un posto bellissimo (come ce ne sono migliaia di altri nel mondo) – per ora ce l’hai fatto a fette!!!