Lavatrice 2018: odissea nello strazio (ovvero: i limiti della globalizzazione)

Succede. Succede che un bel giorno pigi il bottone dell’avvio della lavatrice e quella, che fino alla volta prima aveva funzionato perfettamente, non parta. Il motore sembra voler avviare il cestello, ma si blocca. Ovviamente quel che succede di solito lo fa di venerdì (pomeriggio) 24 agosto (ci tengo a scrivere le date perché mi pare dia il senso della débâcle a cui – soprattutto io, che mi ostino a voler tenere in funzione una lavatrice che ha ben qualche anno – siamo andati incontro).
Comunque: chiamiamo il tecnico, che arriva lunedì 27, armeggia quel che deve e scopre che il cestello non gira perché pare che la resistenza (non originale ed evidentemente sostituita dai precedenti proprietari) si sia deformata e vada a toccare il cestello, il quale ha faticato a girare e di conseguenza ha surriscaldato il motore che, a sua volta, ha tirato le cuoia. Questa la diagnosi definitiva, anche se il tecnico ci è arrivato in due tappe successive perché in un primo momento è fulmineamente andato ad acquistare una resistenza, pensando (in buona fede?) fosse solo lì il problema (resistenza originale e pagata, secondo quel che lui stesso ci diceva, 130 € senza uno straccio di scontrino – il che mi aveva cominciato a far nutrire qualche sospetto), ma che per fortuna, rimontando il tutto, si è scoperto, nella fase 2 della diagnosi, che il problema non era lì (o non solo lì) e c’era di mezzo il motore.
Questo è stato smontato, gli sono state tagliate artigianalmente le alette di raffreddamento (come ultimo tentativo per capire se ancora lo si poteva recuperare) ma, al primo tentativo di accensione è andato in corto facendo saltare il contatore generale di casa. Bene, i pezzi da cambiare sono quindi 2: motore e resistenza. Congediamo il tecnico azzeccagarbugli a cui abbiamo pagato il disturbo 30 € (perché anche la conta dei soldi, oltre che del tempo è importante) e il giorno stesso faccio questa indagine su internet per scoprire quello che, a tutta prima, m’è parso il paradiso del ricambista: https://www.candy-ricambi.it/ o anche https://www.365ricambi.it/ (che di fatto ho scoperto essere sostanzialmente la stessa cosa) e, dopo aver messo marca e modello della “lavabiancheria”, ecco che finalmente spuntano sia il motore che la resistenza (e qui scopro che il costo di quest’ultima è ben più basso: poco più di 40 €…). Ordino prima il motore e, fatta la procedura, mi rendo conto che non ho ordinato la resistenza, ma ormai è sera…
Arriviamo quindi a martedì 28. Dopo aver armeggiato un po’ sul web riesco a scovare un telefono, il cui prefisso sembra essere Milano. Chiamo, mi rispondono con il solito centralino-segreteria di smistamento (1 per ordini, 2 per disdirli, 3 per parlare con un tecnico ecc. ecc.) e finalmente parlo con una signora/signorina che mi dice (1) di essere in Inghilterra e che (2) anche i pezzi della mia lavatrice lo sono. Del motore – di cui non v’era immagine (ma mi sono fidato delle parole: se mi scrivete che quello è il motore del mio modello tendo a fidarmi…) – scopro di aver ordinato quello sbagliato e comunque finalizzo, con il suo aiuto, l’acquisto della resistenza (dopo aver accuratamente dato il numero seriale del mio modello).
Il motore, che sarebbe dovuto arrivare fra un tot di giorni (perché ebbene sì, ho voluto risparmiare fruendo della spedizione standard che costa un terzo di quella via corriere) arriva invece oggi 31 agosto per un errore loro: l’hanno mandato via corriere. Scarto il pacco e ovviamente il motore non è quello giusto e questo credo denunci soprattutto il grado di approssimazione di questa gente: come si può pretendere di vendere pezzi di ricambio quando di questi non si mette una foto e non si chiede durante l’ordine la cosa che scopro essere fondamentale (il numero seriale)? Ritelefono chiedendo lumi per la procedura di restituzione: mi mandano una mail con gli estremi per la spedizione tramite poste italiane a carico loro e un pdf di istruzioni che recita:

3. Spedizione
Il francobollo prepagato é valido solo per le Poste Italiane, se l’ufficio postale si rifiuta di rilasciarvi una ricevuta cercate di farvi timbrare la data su questa pagina. Nell’eventualitá che l’ufficio postale non riconosca il francobollo prepagato, basta informarli che, quest’ultimo fa parte della convenzione sottoscritta da Royal Mail e Poste Italiane con condizione IBRS/CCRI “Corrispondenza Commerciale Risposta Internazionale ” .
Le suggeriamo di spedire il pacco nonstante non venga rilasciata alcun tipo di ricevuta, ma la preghiamo di comunicarci il giorno e l’ora dell’avvenuta spedizione tramite e-mail.

C’è di che rimanere perplessi anche solo leggendo questo messaggio: o la convenzione con le poste inglesi (Royal Mail, mica pizza e fichi) c’è e continuiamo a essere in un posto chiamato Europa (e dintorni, nonostante Brexit) oppure non c’è e le poste italiane non ne sanno nulla. E invece anche qui ci si scontra con una approssimazione sconcertante perché alla fine la cosa non ha funzionato. Infatti, giunto alla posta col pacco e il foglio-francobollo la signora dello sportello – gentile e volenterosa – non aveva idea di come spedire (pacco semplice? Raccomandato? Quale tariffa?) perché i codici forniti sul foglio non erano ammessi sulla schermata di utilizzo.
Richiamo per l’ennesima volta, ascolto il centralino smistatore (1 per ordini, 2 per disdirli, 3 per parlare con un tecnico ecc. ecc.) che mi fa impazzire perché, idiosincratico come sono per il cattivo uso della lingua italiana, non posso sentir dire “per ritornare un pacco digitare 2”: il pacco non si ritorna ma si restituisce, cazzarola! Comunque: a fronte della difficoltà alla posta la signorina dall’altra parte della Manica taglia corto e mi dice che martedì 4 settembre mi manderà un corriere a prendere il pezzo e che i soldi mi verranno restituiti solo dopo che il pacco sarà arrivato in Olanda (sì perché gli acquisti si fanno in Inghilterra e i resi si mandano in Olanda). Ho perso tempo alla posta, ho fatto perdere tempo alla signora, ma almeno l’abbiamo (forse) risolta.
Resta quindi il problema di recuperare un motore di quella lavatrice e mi viene finalmente in mente la cosa che avrei dovuto fare per prima, ovvero: chiamare mia cugina a Torino che, da sempre, è nel settore, avendo avuto un negozio di elettrodomestici e lavora, adesso, per un grande centro assistenza a Torino. Mi risolve il problema in un minuto e poi mi chiede quel che mia moglie (che nel frattempo ha speso 16 € di lavanderia a gettone…) mi ha chiesto sin da subito (facendomi passare per quel Don Chisciotte quale a volte sono): «Cugino caro, ma perché non ti sei comprato una lavatrice nuova? Mal contati, tra disagio e tutto, ti partono buoni buoni 200 €, ne aggiungi 50 e hai una macchina nuova!»
E’ difficile rispondere qualcosa di sensato a chi ha un atteggiamento pratico e con questa faccenda fa i conti quasi quotidianamente (per metter su bucati intendo) e quotidianamente (nel caso di mia cugina che vede queste cose per lavoro), quindi balbetto la mia solita scusa: in questi anni non si è mai rotta, solo una volta ha dato un problema e il tecnico che venne disse che era una macchina da tener di conto perché “così (manuali) non le fanno più” e che anche il tecnico azzeccagarbugli comunque aveva confermato.
La questione del motore va bene anche perché il prossimo fine settimana (venerdì 7 settembre) devo andare a Torino per altre questioni e quindi viene comodo recuperarlo e prendere un caffè con la cugina, ma davvero mi chiedo se e quanto abbia (avuto) senso tutto questo sbattimento per “conservare” un po’ di CO2 (quella equivalente alla produzione dell’elettrodomestico che ho qui a casa) – anche se su questo, considerando il fatto che diversi chili di ferro e magneti hanno viaggiato per tutta Europa avanti e indietro, mia moglie ha usato l’auto per andare alla lavatrice a gettone (e non è ancora finita), pure ci sarebbe da ragionare.
Di sicuro non abbiamo risparmiato né tempo né soldi. La vera sconfitta per chi ancora volesse avere qualche velleità anticonsumistica consiste nel fatto che, proprio perché il mondo è così configurato, è quasi impossibile non adeguarsi a ciò che verrebbe più semplice e immediato: acquistare una nuova lavatrice. Questo è uno dei motivi per cui l’Umanità tutta non ce la farà se non si decide a cambiare direzione. Questo della lavatrice è il dettaglio di un singolo e della vita di quel singolo: proviamo a moltiplicarlo per tutti gli abitanti di primo e (almeno) secondo mondo e magari, non è improbabile, moltiplicarlo per 2 o anche 3 volte (perché statisticamente mi pare del tutto plausibile che nella vita di una persona un episodio analogo possa accadere più di una volta) e vediamo che numeri vengono fuori. Si chiama “obsolescenza programmata” e ne parlava già un libro pubblicato 46 anni fa – I limiti dello sviluppo – che sto per ripubblicare adesso con Lu::Ce edizioni con il titolo I limiti alla crescita.