Questa mattina scrivevo a un’amica. Un’amica perplessa almeno quanto me (ma credo si sia in buona compagnia) della folgorante ascesa del signor Matteo Renzi, letteralmente fino a ieri sindaco di Firenze. Certo: non sindaco di Trino vercellese (non me ne vogliano gli amici di Trino), ma pur sempre il sindaco di una città che diventa, “senza voto”, il nuovo premier. Il puntuale Crozza non più tardi di ieri sera, nella sua copertina di “Ballarò”, faceva notare proprio questo: si tratta del terzo premier consecutivo che il parlamento propone agli italiani, senza che gli italiani siano stati di fatto interpellati. Bah, dev’essere l’effetto della “democrazia matura”…
Dacché si instaurò a suo tempo il governo Monti, per tema della debacle europea, abbiamo poi avuto Letta e adesso Renzi. Quel Renzi che mi ha fatto tornare alla mente – visto che un po’ di memoria storica ormai si è consolidata – la sempre geniale piece di Corrado Guzzanti quando interpretava Rutelli. La ricordate? Se volete spendere 5 minuti e rinverdire il ricordo, questo il link su Youtube: http://youtu.be/ZAuMv77UlDk
“Ah Berluscò, ricordati degli amici!”, questo la chiusa del Rutelli-Guzzanti che denuncia il servilismo di una sinistra che già anni fa era del tutto irriconoscibile. Un effetto straniante che si accentua se si pensa alle consultazioni del giovane Matteo Renzi che, prima della giornata odierna, sembra quasi, in quelle consultazioni, aver ricevuto la laica e potentissima benedizione proprio da quello stesso Berlusconi, del quale si continua a tacere il fatto di essere un pregiudicato.
Sic transit gloria mundi e forse, ancora una volta, Corrado Guzzanti che davvero ha un che di geniale, sembra aver ragione quando dice che alla fin fine si tratta solo di spartizioni di potere: le idee, le ideologie, sono tramontate e conta solo il potere, contano solo i soldi. Ancora una volta pesco da quella meravigliosa miniera che è Youtube: http://youtu.be/PiGjWodYTBA
L’Italia, raccontavo stamattina all’amica, ha la metafisica di un feudo: gli amici sono quelli che contano per le entrature, per un lavoro, per una carriera. Ognuno sembra avere il suo feudo: l’università, un ospedale, un reparto, un comune, una provincia. Influenza politica ed economica. Un feudo – piccolo o grande che sia – e su di esso si esercita un potere, in primo luogo valutando attentamente chi fare entrare. Questo è il gioco. E lo è a tutti i livelli mi pare: politico (di medio-alto livello: regionale/nazionale), economico, occupazionale, di semplice progressione di carriera. Una sfera piccola o grande d’interesse nel quale gli altri sono ammessi previo consenso.
Lo è, per esempio, quello del conduttore televisivo credo attualmente tra i più pagati: Fabio Fazio. Fazio ha degli amici, che – per carità – sono pure buoni amici: c’è il Saviano che ci racconta le sue indagini vicino ai poliziotti che gli fanno la scorta e “gioca” (metto le virgolette perché non vorrei venir frainteso) a fare l’intellettuale segregato; adesso c’è quel Pif, Pierfrancesco Diliberto, mio coetaneo, che ha fatto un film. Un bel film e quindi viene premiato con inviti come ospite nelle varie occasioni, sempre da Fazio, a partire da Che tempo che fa. E adesso, almeno una sera, pare sia anche a Sanremo. Così come a Sanremo va anche quel cantautore italiano, quello ahimè mio omonimo di nome: Luciano Ligabue.
Uno che, per carità, non ha mai dato prova di essere particolarmente trasgressivo. Ma i testi delle sue canzoni hanno avuto un loro perché. Penso banalmente a Non è tempo per noi:
Ci han concesso solo una vita
Soddisfatti o no qua non rimborsano mai
E calendari a chiederci se
stiamo prendendo abbastanza abbastanza
Se per ogni sbaglio avessi mille lire
Che vecchiaia che passerei
Strade troppo strette e diritte
Per chi vuol cambiar rotta oppure sdraiarsi un po’
Che andare va bene pero’
A volte serve un motivo, un motivo
Certi giorni ci chiediamo e’ tutto qui?
E la risposta e’ sempre si’
Non e’ tempo per noi che non ci svegliamo mai
Abbiam sogni pero’ troppo grandi e belli sai
Belli o brutti abbiam facce che pero’ non cambian mai
Non e’ tempo per noi e forse non lo sara’ mai
Se un bel giorno passi di qua
lasciati amare e poi scordati svelta di me
che quel giorno e’ gia’ buono per amare qualche d’un’altro
qualche altro
dicono che noi ci stiamo buttando via
ma siam bravi a raccoglierci.
Non e’ tempo per noi che non ci adeguiamo mai
Fuori moda, fuori posto, insomma sempre fuori dai
Abbiam donne pazienti rassegnate ai nostri guai
Non e’ tempo per noi e forse non lo sara’ mai
Non e’ tempo per noi che non vestiamo come voi
Non ridiamo, non piangiamo, non amiamo come voi
Troppo ingenui o testardi
Poco furbi casomai
Non e’ tempo per noi e forse non lo sara’ mai
Stiamo parlando di un signore che, siccome è amico di Fazio Fabio, va al festival. Uno che cantava questa roba qui e che un po’ ci viene comunque il vomito, no? Perché voglio dire: va bene la retorica, va bene cambiare idea, ma il “tradimento” avviene proprio da persone le cui canzoni sono state per molti quelle della formazione. E’ vero: son passati 25 anni da quella canzone, ma proprio a Sanremo, per altro a commemorare il povero Fabrizio De Andrè che secondo me si rigira nella tomba. A Sanremo. Potenza di Fazio. Potenza degli amici. Tutti gli altri, in primis i fans, che si attacchino.
Ecco, forse un buon proponimento per il futuro è: diventare amico di Fabio Fazio. Magari è la volta buona che riesco a far carriera! Sì perché puoi avere anche curriculum chilometrico – e tra i miei amici e le mie amiche non mancano le persone che potrebbero vantarne di brillanti- eppure… eppure nessuno di noi ha fatto realmente carriera. Chessò io: è diventato professore universitario, oppure general manager di una qualche azienda. Il più brillante di noi, ingegnere informatico, gestisce progetti di ricerca in realtà virtuale alla Scuola Sant’Anna di Pisa, ma credo che abbia un contratto a progetto o giù di lì. C’è qualcosa che non va in noi: con tutta evidenza non abbiamo le amicizie giuste.