Giovedì scorso abbiamo organizzato una puntata della trasmissione radio «Aula 40» che teniamo in diretta dal Cnr di Pisa (http://radioaula40.cnr.it/) sul limite umano in condizioni estreme.
Abbiamo avuto come ospiti telefonici Paolo Bendinelli e Patrizia Maiorca. Il primo, 51enne, è un “ultra ironman”. Non sapevo neppure cosa volesse dire, ma documentarsi è semplice (anche se bisogna fare un po’ d’ordine): il triathlon è una disciplina che prevede l’accorpamento di diverse specialità (nuoto, corsa e ciclismo) su diverse distanze. Le distanze ovviamente fanno la differenza, così: il triathlon “Supersprint” prevede 400 m a nuoto, 10 km in bicicletta e 2,5 km di corsa; lo “Sprint” 750 m a nuoto, 20 km in bici e 5 km di corsa; l’ “Olimpico” 1500 m a nuoto, 40 km di bici e 10 di corsa. Infine il “Doppio olimpico” 3000 m a nuoto, 80 km in bici e 20 km di corsa. Roba che ci si stanca solo a sentirla pronunciare.
Ma tant’è: e quel che è non basta con tutta evidenza, visto che esiste questa categoria definita “ironman” per chi fa l’ “ultra triathlon”, ovvero: 3,8 km a nuoto, 180 in bicicletta e 42,2 km di corsa. Ma anche questo può essere raddoppiato, triplicato, ecc. a piacimento.
Ebbene: Paolo Bendinelli, unico italiano invitato alla competizione, è tornato un mesetto fa da Città del Messico per un “triple ironman” (o “triple ultratriathlon”), ovvero: 11,4 km a nuoto (in acque aperte), 540 km in bicicletta e 126,6 km di corsa. Su 28 partecipanti di tutto il mondo, in fondo sono arrivati in 15 e lui è arrivato terzo. Ha perso 6 kg e ci ha impiegato 46 ore (se non ricordo male).
Soprattutto al telefono Paolo Bendinelli è una persona che sorride sempre e racconta con estremo candore e semplicità la sua impresa, iniziata “per scherzo” una quindicina di anni fa. Abbiamo avuto in studio Angelo Gemignani, medico e psicologo dell’Istituto di Fisiologia Clinica, perché uomini così non solo vanno seguiti, ma vanno proprio studiati. Tra le cose che Gemignani ci raccontava è che il corpo umano, per realizzare prodigi del genere, si isola progressivamente dal mondo per concentrarsi esclusivamente su ciò che sta facendo. Quello che in psicologia si chiama “flusso” e che, come si evince dalla voce Wikipedia, ha stretti legami anche con certe discipline orientali in cui è richiesto un alto grado di concentrazione. Quando si dice mens agitat molem…
Poi è stata la volta di Patrizia Maiorca. Una persona che nel suo “piccolo”, in un esperimento condotto negli Stati Uniti nel 1990 presso l’università americana di Buffalo, nel centro studi di fisiologia e patologia dell’immersione diretto dal prof. Lundgren, simula delle immersioni in apnea in camera di decompressione “bagnata” e giunge – nella preoccupazione generale dello staff medico – a 10 pulsazioni al minuto. Praticamente una persona morta. Ma anche lei al telefono sorridente e solare come non mai.
Forse il verso citato di una canzone del Consorzio Suonatori Indipendenti nel titolo di questo post è vera: la felicità è, come nell’ossimoro, un territorio densamente spopolato, fatto di persone come Paolo e Patrizia, delle endorfine prodotte dai loro allenamenti, che si trasformano in soddisfazione e quindi felicità, fatto di zone/ore di “flusso” per fare 540 km in bicicletta o per “spegnere” parti del corpo fino a raggiungere i 10 battiti al minuto.