Levi, Primo

Mi prendo il tempo per raccontare (recensire?) un regalo che mi sono fatto in queste vacanze natalizie. Si tratta di Album Primo Levi, un libro in grande formato, pubblicato da Einaudi. Una sorta di “biografia per immagini” dello scrittore piemontese che non ha bisogno di presentazioni. Il 2017 sono corsi i 30 anni dalla morte e, 10 anni fa, ricordammo a nostro modo questa ricorrenza in un libro collettaneo, di cui ebbi il piacere e l’onore di far parte: Tutti i numeri sono uguali a cinque. Da quel libro partì il tentativo di organizzare un collettivo di scrittura che, proprio sotto la stella di Levi, centauro delle due culture, tentava di declinare e coniugare scienza e letteratura, con esiti alterni (a questo link il frammento di una iniziativa – Umbria libri 2010 – cui partecipammo).
A Levi sono affezionato quindi per motivi che oserei definire “storici”: ha fatto parte della mia formazione (ma qui sono in buona compagnia); ho abitato nella sua stessa città (e anche qui posso condividere con almeno un altro milione di persone – per il mio tempo di permanenza nella capitale sabauda – questa esperienza) ma, poiché ogni autore ci “colpisce” (quando lo fa) a modo suo, il rapporto con Levi in realtà è qualcosa di inevitabilmente più intimo, legato alla mitezza d’animo di un uomo di profondissima cultura che gli eventi della vita – così ben descritti e rappresentati nel ricco apparato fotografico dell’Album – hanno condotto e fatto tornare dall’inferno concentrazionario, senza che questa pur folle esperienza lo condizionasse per il resto dell’esistenza. Egli infatti, e nell’Album ben si vede questa curiosità a tutto tondo, ebbe una vita ricca sotto moltissimi profili: quello lavorativo, in quella accezione tutta positiva del lavoro come formazione e costruzione del sé, che ben è rappresentata ne La chiave a stella; quello intellettuale, anche qui spaziando magistralmente tra letteratura, memorialistica, scienza e fantascienza; quello affettivo – la fortuna di ritrovare alla fine della guerra tutti i suoi familiari più prossimi vivi e in buona salute e l’aver creato una famiglia; quello di curiosi “punti fissi”, come il non aver mai cambiato casa in vita sua.
E così sfogliando e leggendo l’Album si scoprono i molti lati di questa vita: le amicizie importanti, la Torino città operaia, ma anche delle case editrici, viva in quei personaggi quasi leggendari che la Einaudi – ma non solo – seppe raccogliere intorno a sé. Una Torino che riconosco, che mi appartiene e a cui forse un po’ appartengo almeno nei luoghi che, pur in un’altra vita, pure io ho vissuto.
Insomma: un bel tuffo nella vita di Levi, del suo tempo. Da leggere e sfogliare ora, con calma, in quel tempo ancora un po’ sospeso della pausa natalizia, prima che tutto e tutti si ricominci a correre.
Infine il piacere di ritrovare il nome di Roberta Mori nella curatela del volume: le nostre vite si incrociarono brevemente dieci o undici anni fa, quando insieme ci rtrovammo per un corso di editoria, proprio a Torino. Normalista e con tutte le carte in regola per dare prova di sé, era, come me, alla ricerca di un lavoro in quel periodo. La trovo con grande gioia su questo bel volume ricordandola persona mite e decisa. Chissà, forse una assonanza e sensibilità necessarie ad accostarsi col giusto tatto a Primo Levi.

Lemmy Kilmister batte Primo Levi 160 a 3

Tempo fa aderii a una petizione – una volta tanto non per abolire qualcosa, mostrare indignazione verso qualcos’altro, prendere posizione digitando sulla mia bella tastiera per virtualizzare la mia volontà e quindi renderla nulla nei fatti. Una petizione per titolare a Primo Levi un elemento chimico tra quelli scoperti di recente.
La IUPAC (International Union of Pure and Applied Chemistry) ha aperto delle consultazioni pubbliche e alla fine di novembre ha annunciato “i vincitori” (a questo link il comunicato) e, puntualmente, il blog della Società di Chimica Italiana ne ha dato riscontro (qui).

Al di là dei risultati l’aspetto che mostra in tutta la sua evidenza numerica quanto la scienza conti poco o nulla nella nostra società è il fatto che la commissione giudicatrice ha ricevuto una petizione per titolare uno degli elementi a tal Lemmy Kilmister, un galantuomo morto lo scorso anno che ha avuto l’indiscusso merito di fondare (e guidare) il gruppo rock heavy metal Motörhead.

Per Levi – dobbiamo ricordare chi è Primo Levi? Uno dei pochi miti della mia gioventù a resistere saldo al comando e una delle poche persone la cui lettura ancora mi commuove? – siamo arrivati a stento alle tremila firme, mentre questo signore ne ha prese 160mila, ovvero oltre 53 volte tanto.
Fortuna vuole che tra i criteri di scenta non ci sia quello “democratico” del numero di firme (il che, per altro, mette in luce anche il limite tutto intrinseco della democrazia, in senso generale…), altrimenti saremmo stati spacciati e ci saremmo tenuti – per la felicità di un ristrettissimo sottoinsieme che interseca quello dei chimici (teorici e non) e quello degli amanti dell’hard rock heavy metal [1] – un elemento che, con tutta probabilità, si sarebbe chiamato kilmisterio…
Per rievocare (e riadattare) una celebre frase: “E’ lo zeitgeist bellezza! E tu non ci puoi fare niente”.
[1] ristrettissimo ma composto da almeno una persona di mia conoscenza…

Lemmy Kilmister

Lemmy Kilmister