La conoscenza ridotta a opinione

Il titolo di questo post è di fatto il sottotitolo di un libro, curato da Marco Ferrazzoli e Francesca Dragotto, cui ho avuto il piacere e l’onore di partecipare con un capitoletto. Il titolo del libro, per completezza d’informazione, è “Parola di scienziato” e si trova (ancora) qui. Si tratta di un libro che avrebbe dovuto avere, secondo il mio modestissimo parere, maggiore diffusione perché l’argomento, da quando è stata teorizzata la scienza “post-accademica” esattamente vent’anni fa (almeno in Italia) da Pietro Greco (trovate il suo contributo liberamente scaricabile dalla rivista JCOM a questo indirizzo – anzi, se cliccate, vi ritrovate il PDF direttamente sul vostro computer…), è ciclicamente all’ordine del giorno: in un mondo in cui tutti sembrano essere esperti di tutto, in cui c’è un livellamento orizzontare dell’informazione che mescola verità dimostrate a mezze verità a illazioni a fake news e a quello che altro vi pare, è sempre più difficile entrare nell’agone della corretta informazione soprattutto sembra sempre più difficile riconoscere i diversi ruoli che gli attori dovrebbero avere su questioni delicate che riguardano tutti noi.

Dimostrazione ultima, in ordine di tempo, di questa “riduzione a opinione” della scienza è l’episodio avvenuto nella puntata del 7 giugno scorso della trasmissione “Cartabianca”, condotta da Bianca Berlinguer (e visibile ancora su RaiPlay, se si ha un account, a questo indirizzo) nel cui palinsesto, negli ultimi venti minuti, sono stati ospiti del “salotto” Luca Mercalli, Elisa Isoardi (in studio), Francesco Borgonovo e Matteo Bassetti. A parte la conduttrice quindi si trattava di una parità: due scienziati (Mercalli e Bassetti) e due giornalisti (Isoardi e Borgonovo).

Penoso e lungo il racconto della dinamica con cui si sono svolti i fatti, ma deprimente constatare che questa segue sempre lo stesso schema: Borgonovo, giornalista privo di ogni nozione metereologica o/e climatica esordisce con il più trito dei luoghi comuni (“Ma qui a Trento, dove sono io, fa fresco”), come se la constatazione puntuale di un momento arbitrario potesse applicarsi a una qualche teoria secondo cui si può andare (impunemente) dal particolare all’universale. Continua quindi con incipit in cui afferma di “non essere competente in materia MA” bla bla bla, anche qui secondo uno schema già visto e un non sequitur per cui, secondo logica, se “non sei competente in materia” ciò che dovrebbe seguirne è che PRIMA ti informi e POI parli.

Ora: è facile individuare i punti sensibili di Luca Mercalli e, per estensione, quelli di chi cerca di parlare con cognizione di causa di argomenti sui quali si gioca il nostro futuro. Elenco per brevità quelli visti in trasmissione:

  • sforzarsi di fare dei ragionamenti compiuti ed efficaci che condensano anni di studio, pensiero, letture in una manciata di minuti e ad usum Delphini e, mentre si compie questo sforzo, essere interrotti dalla conduttrice che interviene su una questione “tecnica” dicendo a Luca che dovrebbe guardare più in basso nella telecamera. Forse della telecamera – mentre questo signore sta dicendo una cosa importante e si dovrebbe prestrare attenzione – non ce ne frega una beata mazza, ma questo diventa (volontariamente? involontariamente?) un modo come un altro per vanificare il messaggio: interrompere l’interlocutore per dire tutt’altro;
  • Borgonovo, che invece conosce bene le tecniche di lotta televisive e non gliene frega proprio niente delle ragioni degli altri, mette in piedi uno schema classico: quando ha la parola – che educatamente Luca NON gli toglie e non interviene mentre questo, che dice una marea di scempiaggini, le sta dicendo – compie un attacco frontale cercando di minare la credibilità altrui con epiteti quali “catastrofista” ecc. Però, siccome è un povero ignorante, non entra mai nel merito. Quando Luca replica alle sue punzecchiature (“anche l’IPCC è contestato” – che è una frase che non significa nulla) dimostrando che, anche da un punto di vista logico, gli mancano le basi, questo comincia il giochino snervante del “dare sulla voce” all’interlocutore, impedendogli, di fatto, di parlare.

Ammiro moltissimo, ma l’ho anche già scritto, chi riesce a esporsi pubblicamente perché le trappole sono sempre in agguato. Io non ce la farei perché la condizione sine qua non per un dibattito su posizioni che possono anche essere differenti è il fair play, è il “giocare corretto”, mentre questi furbacchioni – messi lì apposta come “arma di distrazione di massa” (la vecchia teoria dell’uomo di paglia…) – appena scatta il gong e la regola del pugilato televisivo imporrebbe di non colpire sotto la cintura, la prima cosa che fanno è darti un calcio nelle palle. E se fai così allora smetto di giocare, esattamente come ha fatto Luca, andandosene dal “dibattito”. Anche questo atto estremo però purtroppo viene percepito non come dissenso da regole che non si condividono, ma come una forma di “debolezza”: te ne vai perché non hai il coraggio di (o meglio: non sai e non vuoi) giocare al loro gioco che è diverso dal tuo, semplicemente perché le regole sono diverse.

Insomma: Luca Mercalli è stato fin troppo paziente, ha ascoltato tutte le scemenze che avrà ascoltato migliaia di volte, e poi di fronte all’ennesimo dar sulla voce, ha deciso sacrosantamente di andarsene, lasciando tutti lì come dei fessi, quali per altro hanno dimostrato di essere. Salvo il fatto che, a ulteriore dimostrazione della propria idiozia, Borgonovo si è permesso di rincarare la dose e metterla in burletta: “Mercalli si è surriscaldato”. Complimenti, l’atteggiamento degno di un bullo e l’ennesima dimostrazione che la conoscenza è ridotta a opinione, una tra le tante e che sembra avere valore come una tra le tante. Veramente una gran tristezza.