Il problema è politico

emissioni di gas "bruciate"

Emissioni di gas “bruciate” (flaring): meglio che lasciare il metano incombusto, ma comunque bruciandolo si genera CO2…

Avviso ai naviganti: l’affermazione che fa da titolo a questo post non ha in sé nulla di nuovo e probabilmente neppure quel che segue ha in sé il carattere della novità, ma credo che un “ripasso” possa sempre venir utile. Fine dell’avviso.

E’ successo di nuovo e succede continuamente: le affermazioni della classe politica sono – in una percentuale che non so quantificare, ma che si avvicina senz’altro al 100% – o mendaci o fallaci o inesatte, nel migliore dei casi.

Ieri sera a TG2 Post, la rubrica dopo il TG delle 20,30 sul secondo canale, la conduttrice Manuela Moreno incalza il Senatore della Repubblica Davide Faraone di Italia Viva, ospite nella trasmissione, sulla questione energetica e lo fa mettendolo all’angolo su una questione legata alle politiche “sull’indipendenza” dal gas russo (tormentone che non accenna a diminuire d’intensità – ma l’informazione va ormai per tormentoni, mi pare) per una affermazione fatta dal suo “capo” Matteo Renzi, all’epoca in cui è stato Presidente del Consiglio. Colto un po’ alla sprovvista, Faraone cita lo “Sblocca Italia”, decreto discussissimo già a suo tempo, sul quale ho pubblicato un libro, questo. Le argomentazioni sono sempre le stesse e sono sempre fallaci: abbiamo del gas sotto di noi e dovremmo estrarlo, peccato che il senatore non sappia QUANTO ce n’è di gas, ma noi sì. E chi ha un po’ di buon senso sa che è privo di senso estrarlo per un certo numero di motivi (che sono sempre gli stessi). Elenco, a beneficio del lettore, i principali:

  1. Motivazione “sentimentale”: basta col gas! Ma non dovremmo fare la transizione energetica (che è anche ecologica)? Cosa stiamo ancora aspettando?
  2. Motivazione tecnica: ce n’è troppo poco. Luca Pardi, collega CNR, ex presidente di ASPO Italia, in tempi non sospetti, nel 2015, lo aveva detto a chiare lettere da invitato alla trasmissione televisiva Ambiente Italia della RAI (qui il video). La risposta che diede in trasmissione, in relazione all’abbondanza delle riserve di idrocarburi italiani (“Dire che in Italia abbiamo abbondanza di idrocarburi, petrolio e gas, è come dire che l’Italia è il Paese degli elefanti perché ce ne sono due allo zoo di Pistoia e qualcun altro sparso nei circhi: non è così, è una frottola”), costituisce la genesi del titolo del libriccino che scrisse e che gli pubblicai, questo. Inoltre, praticamente in contemporanea alla scrittura di questo pezzo, veniva pubblicato sul blog di ASPO Italia questo post (sempre a firma Pardi e un altro autorevole membro di ASPO, un geologo minerario specializzato in esplorazione petrolifera con 34 anni di esperienza, Gisberto Liverani. Lo trovate qui).
  3. Motivazione scientifica: il gas è dannoso all’ambiente. Una molecola di metano, benché abbia un ciclo di vita in atmosfera più corto di circa 1/5 rispetto a una molecola di biossido di carbonio (meglio nota come anidride carbonica), ha un effetto climalterante (GWP – Global Warming Potential) di circa 70 volte maggiore (in un intervallo di vent’anni dalla sua emissione in atmosfera) e di 25 volte maggiore (se calcolato su un intervallo di un secolo – il dato me lo ricordavo a memoria, ma l’ho comunque verificato qui), sempre rispetto all’anidride carbonica. Come ha raccontato la trasmissione Report del 4 aprile (due giorni fa, non un secolo fa), praticamente TUTTI gli impianti che hanno a che fare col gas (dai rigassificatori, di cui tanto si parla, a tutti gli altri), hanno delle perdite (quelle che tecnicamente si chiamano emissioni fuggitive) – cito qui quel che Sigfrido Ranucci ha detto in trasmissione: «L’Ong Clean Air Task Force ha visitato 250 impianti in Europa e ha rilevato che ben 180 hanno emissioni di metano [stiamo parlando del 72% degli impianti, ndr]. 35 impianti in Italia, invece, su 46 [ovvero il 76%, ndr]. Ecco invece l’agenzia per l’energia dell’OCSE ha stimato che in tutto il mondo viene rilasciato metano dal settore che produce energia corrispondente a due volte e mezzo il fabbisogno in Italia» (grassetto mio, ovviamente).
  4. Motivazione “patrimoniale”: Venezia sprofonda: il fenomeno della subsidenza è noto, tanto che il sito dello stesso comune di Venezia ne parla, qui. Il fenomeno, «cioè lo sprofondamento del suolo per cause naturali e antropiche» è contemplato possa avere cause antropiche che però quasi nessuno cita esplicitamente. E quali sono queste cause? Tipicamente estrarre da un sottosuolo già naturalmente sensibile, per conformazione, a questo fenomeno, ciò che in qualche modo limita la portata del fenomeno stesso: il gas (o magari l’acqua, come dice al punto 7 questo articolo parlando dell’effetto Marghera – siamo sempre a Venezia…) che riempie quello che altrimenti sarebbe, una volta estratto, un vuoto, capace di compattare ulteriormente il terreno, aggravando quindi il fenomeno.

E’ abbastanza per dire basta alle fonti fossili e “all’innocuo” metano? Ora: io non ce l’ho con il Senatore Faraone che, per il solo fatto di essere siciliano mi fa simpatia, ma visto che (cito da questo sito) «i senatori […] ricevono un’indennità mensile lorda di 11.555 euro. Al netto la cifra è di 5.304,89 euro, più una diaria di 3.500 euro cui si aggiungono un rimborso per le spese di mandato pari a 4.180 euro e 1.650 euro al mese come rimborsi forfettari tra telefoni e trasporti. Facendo un rapido calcolo e senza considerare le eventuali indennità di funzione i componenti del Senato guadagnano ogni mese 14.634,89 euro contro i 13.971,35 euro percepiti dai deputati» (vale a dire un’ordine di grandezza in più rispetto allo stipendio di gran parte dei nostri concittadini), mi aspetterei che magari, prima di andare in tv, Faraone si preparasse un minimo, che ne so, assoldando qualcuno che lo istruisca su come stanno le cose nello specifico di certi argomenti che, pur trattandosi di tv “generalista”, magari vengono fuori, visto che sono temi caldi. E invece? Invece (1) di fronte a quelli che nulla sanno sembra che questi dicano anche cose sensate e (2) di fronte a coloro che hanno un minimo di infarinatura su questi argomenti, fanno mediamente la figura dei pirla.

Quindi sì: il problema, come detto anche altrove, è politico. Chiudo: alcune delle persone che conosco mi dicono, “ma perché, te guardi TG2 Post?”, con il sorrisetto ironico di chi la sa lunga. Sì guardo TG2 Post perché (1) “è quello che passa il convento” a quell’ora e (2) proprio perché è quello che passa il convento, sono convinto che molti miei concittadini lo guardino, magari distrattamente e magari orecchiando ma, immaginando che abbiano vite complicate, a quello si sono ridotti perché non hanno il tempo o voglia o la forza di farsi opinioni altrove. E proprio perché sono questi nostri (con)cittadini a compiere delle scelte (o almeno: così dovrebbe essere in democrazia), avrebbero quanto meno il diritto di essere ben informati. Ma per esserlo bisognerebbe che i primi a dover essere meglio informati siano i politici che, interrogati, spesso sparano risposte a vanvera, parlano alla “pancia” delle persone, ignorando molti dei problemi che stanno alla base delle loro imbarazzanti affermazioni.

La sensazione di essere in trappola

Chi mi conosce mi sa ottimista. Ho avuto una vita per certi aspetti complicata e “disperante” in certi frangenti del passato, in occasione di cose che mi sono accadute, ma per le quali non è il caso di annoiare il lettore che arriverà a leggere queste righe. Non ho la vita che avrei voluto o che ancora vorrei, per “addrizzare il tiro” quel minimo necessario a uscire di scena dignitosamente ma, se mi guardo intorno un po’ attentamente, mi viene da chiedermi: chi ha la vita che vorrebbe? Non mi pare siano molti – e non parlo della vita che facciamo vedere agli altri, ma di quella che per noi stessi avevamo immaginato, forse sognato.

Da diversi anni mi occupo tra lo “scientifico” e il “divulgativo” di energia e, più in generale, di risorse. Ho letto abbastanza ma, come sempre, moltissimo resta da studiare e leggere e la sensazione, qui come altrove, è quella che una vita non basti a essere minimamente competenti. Diciamo che almeno mi sono fatto le basi. Occuparmi di questi argomenti ha avuto il preciso significato di popolare la mia piccola attività editoriale di libri che di questi argomenti parlino, con un approccio il più possibile scientifico-divulgativo (si cerca di trattare questi argomenti semplificando certi concetti, ma restando aderenti al rigore scientifico con cui devono essere trattati), ma soprattutto sempre con un’occhio a quella che è la natura umana.

Già, la natura umana. Proprio quella che ci ha condotto fino qui, sul baratro del collasso ecosistemico globale. Ieri mattina in una mail raccontavo a un amico della mia partecipazione (come piccolissimo editore) al Pisa Book Festival. Ci sarebbe stato da mettere una webcam dietro il mio banchetto/stand che, pur presentandosi bene e molto colorato, in certi casi, quando la gente si avvicinava per leggere i titoli, prima sbarrava un po’ gli occhi come avesse visto uno scarafaggio sulle copertine e poi, cercando di dissimulare, girava i tacchi verso approdi più tranquilli – magari letterari e magari di evasione. Comprensibile. Già siamo presi dai mille problemi del quotidiano, mica possiamo pensare di metterci a leggere cose impegnative che parlano di energia e risorse e del nostro modo, più o meno “volontario”, di stare su questo pianeta, anche se questo ci riguarda molto molto da vicino! Eppure sento che ha senso (cercare di) informare le persone su questi temi, che arrivano alle luci della ribalta mediatica solo quando la bolletta del gas o della luce rincara. O la benzina alla pompa ha cominciato una ascesa apparentemente inarrestabile, della quale però il mondo che ho intorno sembra continuare a non accorgersi.

Già, la natura umana. Come scrivevo tempo addietro, l’aspetto più lungimirante di quella pietra miliare che ho avuto l’onore di ripubblicare con Lu::Ce edizioni – I limiti alla crescita “ex” I limiti dello sviluppo – è costituto dal primo grafico. In un volume densissimo di grafici e proiezioni il primo, guarda caso, non riguarda nessun dato scientifico, ma ha a che fare proprio con la natura umana e credo non abbia bisogno di commenti. E’ come se gli autori, consapevoli di quello che stavano scrivendo, dicessero anche: “Attenzione! Possiamo fare tutte le proiezioni e gli scenari che vogliamo, ma di una cosa “ingovernabile” dobbiamo senz’altro tenere conto: la natura umana, che è fatta così – pensieri che nello spazio arrivano al quartiere, quando va bene, e nel tempo, alla prossima settimana…”. Il grafico è questo qui di seguito e credo non abbia bisogno di spiegazioni:

primo grafico del libro "I limiti alla crescita"

primo grafico del libro “I limiti alla crescita”

Sui motivi per cui la natura umana si sia storicamente configurata in questo modo, fior di psicologi cognitivisti, evoluzionisti, ecc. hanno tentato delle spiegazioni. Molte delle quali, sufficientemente semplici e convincenti, rimandano a un concetto che sta alla base della questione: il nostro cervello è “cablato” in modo da percepire pericoli immediati e vicini non lontani nello spazio e nel tempo, perché da pericoli immediati e vicini l’uomo si doveva difendere quando era nella savana o nel bush. Tutto il resto poteva aspettare. Questo “cablaggio” – e uso questo termine perché la questione sembra avere a che fare molto più con “l’hardware” del nostro cervello che con il “software” dei nostri pensieri – proprio perché tale, non si smantella nell’arco di un paio di generazioni e questo potrebbe essere in sostanza all’origine della nostra rovina futura. Si tratta di una incapacità strutturale, che dobbiamo fronteggiare e alla quale dobbiamo cercare di sopperire se vogliamo avere qualche chance di restare su questo pianeta in modo decente.

Un articolo che, in tempi recenti, mi ha dato molto da pensare sull’imminenza delle cose che accadono e che più o meno consciamente tendiamo a “rimandare” nel nostro cervello, è questo, sul blog di «Le Monde» che lo stesso autore – che si autodefinisce “Mr. Oil Man” – tiene su quella testata. Un articolo un po’ tecnico, ma sufficientemente comprensibile a chi mastichi un po’ di francese. Gli scenari che Matthieu Auzanneau delinea sono abbastanza inquietanti e non è che le cose vadano meglio a casa nostra, dove il PNRR (Piano Nazionale di ripresa e resilienza), grazie all’avvento del Ministero della transizione ecologica, capeggiato dal cigolante Cingolani, rischia di trasformarsi nel “piatto ricco” (piatto ricco / mi ci ficco – recitava un vecchio adagio dei giocatori di poker, e qui l’azzardo è ben più che una giocata al tavolo verde, visto che si tratta del futuro di tutti noi) delle multinazionali – anzi DELLA multinazionale – “Oil & Gas” nostrana, ENI (accompagnata dalla “sorella” Snam).

Già, la natura delle multinazionali. Se la natura umana è quella che abbiamo brevemente delineato – e per conoscerla, volendo tirare fuori un vecchio classico della filosofia, basta guardare dentro se stessi – sulla natura delle multinazionali si fa presto a delinearne la natura (e lo posso, in questo caso, fare anche con cognizione di causa, visto che ci sono stato dentro per un paio d’anni): sono strutture fatte per fare soldi. Per fare soldi il più possibile, con tutti i mezzi possibili (anche al limite e oltre la legalità, come racconta il libro di Marco Grasso e Stefano Vergine, Tutte le colpe dei petrolieri), tutto il resto piò aspettare e comunque è accessorio e di facciata. Ma anche questo non lo sappiamo? Certo che lo sappiamo. Nessuno di noi è tanto ingenuo da pensare che siano lì per fare beneficienza. E quindi cosa possiamo aspettarci da loro? Che nel piatto ricco dei soldi stanziati per cercare di darci (dare a tutti noi) la remota possibilità di un futuro migliore – soprattutto per chi dopo di noi verrà – ci si buttino a rotta di collo e in tutti i modi possibili, al punto che, come racconta questa infografica qui sotto, tratta da questa pubblicazione scaricabile gratuitamente che invito tutti a leggere (sono poche pagine), le attività di lobbying del colosso energetico italiano ha prodotto qualcosa come 102 incontri tra il Ministero della transizione ecologica di cui sopra e i funzionari di ENI/Snam nei mesi che vanno dal 20 luglio 2020 al giugno 2021.

infografica-recommon

L’infografica sul Recovery Plan e le ingerenze dell’industria fossile nell’analisi fatta da ReCommon

Da tutto questo la sensazione di essere in trappola. Una trappola che sta per scattare nel presente, ma soprattutto che non si tenta di disinnescare per il futuro.

La nuova "alchimia" luce-materia

Uno degli aspetti che della scienza (e non solo) mi affascina è la “capacità di sintesi” secondo il criterio della semplicità. Per esempio i pochi segni grafici come E=mc² – che credo sia una delle formule più “(ab)usate” della storia della scienza – che indicano l’equivalenza di energia, massa e quadrato della velocità della luce. Una robetta difficile da immaginare su due piedi e per la quale immaginiamo la quantità di esperimenti, formule e ragionamenti siano stati necessari per arrivarci.
Ma quella – di tutta questa storia di formule, ragionamenti, pensieri, confronti e quant’altro – ne è la “sintesi perfetta”. Una sintesi per la quale si cerca di passare, come fattivo progresso scientifico, dalla teoria alla pratica. L’alchimia, lo sappiamo, era una fanfaluca che per altro ipotizzava di mutare il piombo in oro, secondo le leggende più accreditate. Poi la chimica fanfaluca non lo è stata più e, grazie a quella “mappa” nota a tutti come “tabella periodica degli elementi”, è stato realmente possibile trasformare un elemento in un altro, scinderlo, dividerlo con reazioni controllate o – più per i fisici nucleari – “bombare” (con neutroni lenti, per esempio) trasformando ancora una volta elementi in altri.
Ma adesso la famosa equazione di Einstein, quella per la quale la materia è “convertibile” in energia (ricordate l’auto del dr. Emmett Brown che va a rifiuti?) è – o sta per diventare – realtà. Una realtà che nella sua ipotesi asintotica sarebbe il sogno (meglio: l’utopia) di creare energia (da pochissima materia, perché poca ne serve) utile a spostarsi (magari negli spazi stellari) o a scaldarsi, soprattutto “pulita” e senza residui.
Mentre al Cern con Lhc i fisici sono già riusciti a convertire materia in energia facendo sbatacchiare fasci di protoni che nei loro urti generano molte cose, tra le quali fotoni, il contrario – ovvero convertire luce in materia – non era ancora riuscito, ma… ci siamo vicini!
Qui di seguito un breve elenco di fonti (divulgative, online):

 

La DeLorean DMC-12, l'auto-macchina del tempo di Emmett Brown e il suo sistema di alimentazione (L'apparecchio compare per la prima volta alla fine del primo film; per costruirlo gli attrezzisti hanno parodiato la realtà, modificando un macina caffè, la Krups Mr. Coffee - per la precisione un modello 223A Coffina Coffee Grinder)

La DeLorean DMC-12, l’auto-macchina del tempo di Emmett Brown e il suo sistema di alimentazione (L’apparecchio compare per la prima volta alla fine del primo film; per costruirlo gli attrezzisti hanno parodiato la realtà, modificando un macina caffè, la Krups Mr. Coffee – per la precisione un modello 223A Coffina Coffee Grinder)