Sui vaccini, anzi sulla vaccinazione di massa

Dunque, sul finire di questo anno tra i peggiori che si siano avuti a memoria d’uomo – al netto di quelle memorie d’uomo che arrivano fino agli anni della Seconda guerra mondiale – vorrei spendere due parole su questa faccenda dei vaccini (il plurale è d’obbligo, non trattandosi di una sola scelta, ma di diverse formulazioni proposte dalle case farmaceutiche che si sono applicate con grande impegno su questo fronte). Lo voglio fare perché sento sempre più spesso dei rumors legati a gente che, pure con un certo orgoglio (il famoso “orgoglione”, ovvero l’orgoglio del coglione) sostiene pubblicamente di non volersi vaccinare. E questo avviene trasversalmente: dall’insospettabile ricercatore del Cnr* che assumiamo sia uomo di scienza e abbia anche una certa cultura, per arrivare al complottista, di cui non fatichiamo a comprendere perché faccia certe affermazioni…

immagine vaccino

Parto dall’ovvio che forse, in quanto ovvio, sfugge ai più e lo faccio per punti:

  1. i vaccini tipicamente vengono sviluppati dalle case farmaceutiche perché le sanità (più o meno) pubbliche dei singoli Paesi non sarebbero in grado di mobilitare tali e tanti finanziamenti. E’ una stortura del sistema, ma è così da tempo immemore e bisogna farsene una ragione. L’espressione “case farmaceutiche” può suonare troppo neutra e non rendere conto delle dimensioni del problema e del sistema, allora usiamo le parole giuste: multinazionali farmaceutiche. Multinazionale, accanto alla parola “farmaceutico”, suona ai più come una insita minaccia e ci sono anche i motivi per cui, in certi casi, la reputazione di quest’industria (perché è un’industria a tutti gli effetti e vive dei profitti che fa…) è stata compromessa. Però c’è anche il rovescio (positivo) della medaglia: più grande è l’industria e più ha risorse (economiche e quindi di cervelli che possono essere applicati intensivamente alla ricerca). Su questo tornerò dopo. Non è quindi un caso né stupisce il fatto che a brevettare e a commercializzare il primo vaccino sia stata Pfizer, ditta per la quale, nella mia rocambolesca vita lavorativa, sono stato responsabile per l’Ufficio Stampa macroregionale (Italia del nordovest) nel biennio 2005-2007. Di Pfizer – che all’epoca era la più grande tra le big pharma – potrei raccontare molte vicende sul piano umano ma, standoci dentro, ho sempre avuto l’impressione di essere non solo nella più grande, ma anche nella “migliore” azienda, in quella più accreditata, intendo dire, da un punto di vista strettamente scientifico. Si possono discutere tante cose, comprese quelle “scomode” legate all’etica di far soldi sulla salute della gente, ma dipende sempre da che prospettiva si guardano le cose: senza queste aziende le persone avrebbero enormi difficoltà a curare certe patologie o, più semplicemente, a rimanere in vita (immaginate per esempio, tutti i farmaci “antirigetto” legati al mondo dei trapianti…). Questo è un dato incontrovertibile di cui bisogna tener conto.
  2. Tra i dati incontrovertibili si dovrebbero segnalare le storie più o meno recenti delle vaccinazioni di massa, che hanno permesso di debellare malattie come la poliomielite. Non bisogna essere scienziati: basta andare a vedere Wikipedia (e magari non Facebook), come per esempio a questo link. E non voglio far qui la storia di queste vaccinazioni di massa: chi è interessato può chiedere al proprio medico, cercare su Wikipedia, o qualunque altra cosa, basta CHE SI DOCUMENTI BENE, e che non venga fuori per l’ennesima volta con le cazzate della relazione tra autismo e vaccini, sbugiardata miliardi di volte e in tutte le salse da fonti più che autorevoli – ultima tra le quali, che fa cenno a questa storia, il bel libriccino di Giovanni Boniolo Conoscere per vivere. Istruzioni per sopravvivere all’ignoranza. O anche, ancora sullo stesso tema del “debito cognitivo”, un altro testo di agile lettura: Prevenire.

I benefici di una vaccinazione di massa dovrebbero essere noti a tutti: più persone si vaccinano minori possibilità di contagio ci sono; minori possibilità di contagio ci sono, minori possibilità ha il virus di mutare durante le sue rapide replicazioni; minori possibilità di mutare significano una maggiore efficacia del vaccino stesso perché il vaccino resta capace di coprire lo spettro delle mutazioni possibili. Non mi sembra un ragionamento difficile da capire se lo capisco e lo faccio io che non sono né epidemiologo né virologo.

Torno per un attimo alla questione – anche questa sollevata da più parti – sulla necessità di avere in fretta un vaccino e sui potenziali rischi legati alla sua sicurezza (per la fretta di cui sopra). Sulla fretta mi pare non ci sia nulla da dire: il mondo si è fermato e, per quanto questo dovrebbe indurre una riflessione seria sul nostro modus vivendi, la fretta di farlo ripartire è condivisa da tutti: tutti vogliamo alla fine tornare a una normalità, magari diversa dalla precedente (se abbiamo imparato collettivamente qualcosa da questa storia, ma ne dubito), ma necessaria. Sulla sicurezza vale il discorso di cui sopra: le aziende continuano a essere sotto lo stretto controllo della rigida FDA (Food and Drug Administration) americana, dell’EMA (European Medicines Agency) europea e dell’AIFA (Agenzia Italiana del FArmaco) italiana. Se un parallelo storico mi viene in mente su questa faccenda è quello del Progetto Manhattan che vide un’accelerazione senza precedenti e una concentrazione di cervelli di elevatissima caratura per cercare di mettere a punto l’ordigno nucleare, temendo che Hitler e il Terzo Reich potessero stare lavorando sulla stessa cosa: avere la tecnologia per costruire la bomba atomica significava essere vincitori della Seconda guerra mondiale e gli statunitensi, intuendo questo, si adoperarono con ogni mezzo (economico e di cervelli appunto) per realizzare il progetto. Mutatis mutandis questa ricerca del vaccino ha la stessa “fretta”: per fortuna non per combattere una guerra contro altri esseri umani, ma contro un virus (vorrei far notare incidentalmente che la metafora della guerra è stata per altro sulla bocca di tanta parte del personale sanitario degli ospedali nei momenti più duri), ma se la fretta fa baluginare ancora qualche residuo sospetto in qualcuno, beh, i precedenti li abbiamo e spesso, se le teste le si motiva e le si foraggia adeguatamente, i risultati arrivano.

Mi trovo “costretto” a scrivere queste cose perché mi pare che all’orizzonte si addensino le nuvole di questa nuova frangia no-vax e spero che la maggior parte delle persone inizi a ragionare con la propria testa, documentandosi senza dar seguito ad assurde teorie del complotto. Spero anche che, se proprio non si potrà rendere obbligatorio il vaccino, il governo prenda opportune precauzioni: non ti vuoi vaccinare? Benissimo, allora non vai a mangiare la pizza, non vai al cinema e rimani in un lockdown perché sei “pericoloso”. Serve mettere in piedi il “patentino” di vaccinazione: allora ben venga anche quello se serve.

Ogni tanto, quando a mia volta periodicamente mi sottopongo a esami medici, il personale tra le domande di rito mi chiede: “E’ allergico a qualcosa?”. Sempre più spesso mi trovo a rispondere: “No. Anzi, sì: sono allergico all’ignoranza”.

Buon 2021.

* Ho la mail di un collega che lo testimonia e che, alla fine della sua mail di auguri per un buon 2021, scrive: «P.S. – ..infine per farla completa (…a prescindere dalla caratura di ..Camici e contro-Camici …più o meno esperti..) IO NON FARO’ IL VACCINO ANTI-COVID (… ne prima, e ne dopo». No comment.