Il problema è politico

emissioni di gas "bruciate"

Emissioni di gas “bruciate” (flaring): meglio che lasciare il metano incombusto, ma comunque bruciandolo si genera CO2…

Avviso ai naviganti: l’affermazione che fa da titolo a questo post non ha in sé nulla di nuovo e probabilmente neppure quel che segue ha in sé il carattere della novità, ma credo che un “ripasso” possa sempre venir utile. Fine dell’avviso.

E’ successo di nuovo e succede continuamente: le affermazioni della classe politica sono – in una percentuale che non so quantificare, ma che si avvicina senz’altro al 100% – o mendaci o fallaci o inesatte, nel migliore dei casi.

Ieri sera a TG2 Post, la rubrica dopo il TG delle 20,30 sul secondo canale, la conduttrice Manuela Moreno incalza il Senatore della Repubblica Davide Faraone di Italia Viva, ospite nella trasmissione, sulla questione energetica e lo fa mettendolo all’angolo su una questione legata alle politiche “sull’indipendenza” dal gas russo (tormentone che non accenna a diminuire d’intensità – ma l’informazione va ormai per tormentoni, mi pare) per una affermazione fatta dal suo “capo” Matteo Renzi, all’epoca in cui è stato Presidente del Consiglio. Colto un po’ alla sprovvista, Faraone cita lo “Sblocca Italia”, decreto discussissimo già a suo tempo, sul quale ho pubblicato un libro, questo. Le argomentazioni sono sempre le stesse e sono sempre fallaci: abbiamo del gas sotto di noi e dovremmo estrarlo, peccato che il senatore non sappia QUANTO ce n’è di gas, ma noi sì. E chi ha un po’ di buon senso sa che è privo di senso estrarlo per un certo numero di motivi (che sono sempre gli stessi). Elenco, a beneficio del lettore, i principali:

  1. Motivazione “sentimentale”: basta col gas! Ma non dovremmo fare la transizione energetica (che è anche ecologica)? Cosa stiamo ancora aspettando?
  2. Motivazione tecnica: ce n’è troppo poco. Luca Pardi, collega CNR, ex presidente di ASPO Italia, in tempi non sospetti, nel 2015, lo aveva detto a chiare lettere da invitato alla trasmissione televisiva Ambiente Italia della RAI (qui il video). La risposta che diede in trasmissione, in relazione all’abbondanza delle riserve di idrocarburi italiani (“Dire che in Italia abbiamo abbondanza di idrocarburi, petrolio e gas, è come dire che l’Italia è il Paese degli elefanti perché ce ne sono due allo zoo di Pistoia e qualcun altro sparso nei circhi: non è così, è una frottola”), costituisce la genesi del titolo del libriccino che scrisse e che gli pubblicai, questo. Inoltre, praticamente in contemporanea alla scrittura di questo pezzo, veniva pubblicato sul blog di ASPO Italia questo post (sempre a firma Pardi e un altro autorevole membro di ASPO, un geologo minerario specializzato in esplorazione petrolifera con 34 anni di esperienza, Gisberto Liverani. Lo trovate qui).
  3. Motivazione scientifica: il gas è dannoso all’ambiente. Una molecola di metano, benché abbia un ciclo di vita in atmosfera più corto di circa 1/5 rispetto a una molecola di biossido di carbonio (meglio nota come anidride carbonica), ha un effetto climalterante (GWP – Global Warming Potential) di circa 70 volte maggiore (in un intervallo di vent’anni dalla sua emissione in atmosfera) e di 25 volte maggiore (se calcolato su un intervallo di un secolo – il dato me lo ricordavo a memoria, ma l’ho comunque verificato qui), sempre rispetto all’anidride carbonica. Come ha raccontato la trasmissione Report del 4 aprile (due giorni fa, non un secolo fa), praticamente TUTTI gli impianti che hanno a che fare col gas (dai rigassificatori, di cui tanto si parla, a tutti gli altri), hanno delle perdite (quelle che tecnicamente si chiamano emissioni fuggitive) – cito qui quel che Sigfrido Ranucci ha detto in trasmissione: «L’Ong Clean Air Task Force ha visitato 250 impianti in Europa e ha rilevato che ben 180 hanno emissioni di metano [stiamo parlando del 72% degli impianti, ndr]. 35 impianti in Italia, invece, su 46 [ovvero il 76%, ndr]. Ecco invece l’agenzia per l’energia dell’OCSE ha stimato che in tutto il mondo viene rilasciato metano dal settore che produce energia corrispondente a due volte e mezzo il fabbisogno in Italia» (grassetto mio, ovviamente).
  4. Motivazione “patrimoniale”: Venezia sprofonda: il fenomeno della subsidenza è noto, tanto che il sito dello stesso comune di Venezia ne parla, qui. Il fenomeno, «cioè lo sprofondamento del suolo per cause naturali e antropiche» è contemplato possa avere cause antropiche che però quasi nessuno cita esplicitamente. E quali sono queste cause? Tipicamente estrarre da un sottosuolo già naturalmente sensibile, per conformazione, a questo fenomeno, ciò che in qualche modo limita la portata del fenomeno stesso: il gas (o magari l’acqua, come dice al punto 7 questo articolo parlando dell’effetto Marghera – siamo sempre a Venezia…) che riempie quello che altrimenti sarebbe, una volta estratto, un vuoto, capace di compattare ulteriormente il terreno, aggravando quindi il fenomeno.

E’ abbastanza per dire basta alle fonti fossili e “all’innocuo” metano? Ora: io non ce l’ho con il Senatore Faraone che, per il solo fatto di essere siciliano mi fa simpatia, ma visto che (cito da questo sito) «i senatori […] ricevono un’indennità mensile lorda di 11.555 euro. Al netto la cifra è di 5.304,89 euro, più una diaria di 3.500 euro cui si aggiungono un rimborso per le spese di mandato pari a 4.180 euro e 1.650 euro al mese come rimborsi forfettari tra telefoni e trasporti. Facendo un rapido calcolo e senza considerare le eventuali indennità di funzione i componenti del Senato guadagnano ogni mese 14.634,89 euro contro i 13.971,35 euro percepiti dai deputati» (vale a dire un’ordine di grandezza in più rispetto allo stipendio di gran parte dei nostri concittadini), mi aspetterei che magari, prima di andare in tv, Faraone si preparasse un minimo, che ne so, assoldando qualcuno che lo istruisca su come stanno le cose nello specifico di certi argomenti che, pur trattandosi di tv “generalista”, magari vengono fuori, visto che sono temi caldi. E invece? Invece (1) di fronte a quelli che nulla sanno sembra che questi dicano anche cose sensate e (2) di fronte a coloro che hanno un minimo di infarinatura su questi argomenti, fanno mediamente la figura dei pirla.

Quindi sì: il problema, come detto anche altrove, è politico. Chiudo: alcune delle persone che conosco mi dicono, “ma perché, te guardi TG2 Post?”, con il sorrisetto ironico di chi la sa lunga. Sì guardo TG2 Post perché (1) “è quello che passa il convento” a quell’ora e (2) proprio perché è quello che passa il convento, sono convinto che molti miei concittadini lo guardino, magari distrattamente e magari orecchiando ma, immaginando che abbiano vite complicate, a quello si sono ridotti perché non hanno il tempo o voglia o la forza di farsi opinioni altrove. E proprio perché sono questi nostri (con)cittadini a compiere delle scelte (o almeno: così dovrebbe essere in democrazia), avrebbero quanto meno il diritto di essere ben informati. Ma per esserlo bisognerebbe che i primi a dover essere meglio informati siano i politici che, interrogati, spesso sparano risposte a vanvera, parlano alla “pancia” delle persone, ignorando molti dei problemi che stanno alla base delle loro imbarazzanti affermazioni.

La sensazione di essere in trappola

Chi mi conosce mi sa ottimista. Ho avuto una vita per certi aspetti complicata e “disperante” in certi frangenti del passato, in occasione di cose che mi sono accadute, ma per le quali non è il caso di annoiare il lettore che arriverà a leggere queste righe. Non ho la vita che avrei voluto o che ancora vorrei, per “addrizzare il tiro” quel minimo necessario a uscire di scena dignitosamente ma, se mi guardo intorno un po’ attentamente, mi viene da chiedermi: chi ha la vita che vorrebbe? Non mi pare siano molti – e non parlo della vita che facciamo vedere agli altri, ma di quella che per noi stessi avevamo immaginato, forse sognato.

Da diversi anni mi occupo tra lo “scientifico” e il “divulgativo” di energia e, più in generale, di risorse. Ho letto abbastanza ma, come sempre, moltissimo resta da studiare e leggere e la sensazione, qui come altrove, è quella che una vita non basti a essere minimamente competenti. Diciamo che almeno mi sono fatto le basi. Occuparmi di questi argomenti ha avuto il preciso significato di popolare la mia piccola attività editoriale di libri che di questi argomenti parlino, con un approccio il più possibile scientifico-divulgativo (si cerca di trattare questi argomenti semplificando certi concetti, ma restando aderenti al rigore scientifico con cui devono essere trattati), ma soprattutto sempre con un’occhio a quella che è la natura umana.

Già, la natura umana. Proprio quella che ci ha condotto fino qui, sul baratro del collasso ecosistemico globale. Ieri mattina in una mail raccontavo a un amico della mia partecipazione (come piccolissimo editore) al Pisa Book Festival. Ci sarebbe stato da mettere una webcam dietro il mio banchetto/stand che, pur presentandosi bene e molto colorato, in certi casi, quando la gente si avvicinava per leggere i titoli, prima sbarrava un po’ gli occhi come avesse visto uno scarafaggio sulle copertine e poi, cercando di dissimulare, girava i tacchi verso approdi più tranquilli – magari letterari e magari di evasione. Comprensibile. Già siamo presi dai mille problemi del quotidiano, mica possiamo pensare di metterci a leggere cose impegnative che parlano di energia e risorse e del nostro modo, più o meno “volontario”, di stare su questo pianeta, anche se questo ci riguarda molto molto da vicino! Eppure sento che ha senso (cercare di) informare le persone su questi temi, che arrivano alle luci della ribalta mediatica solo quando la bolletta del gas o della luce rincara. O la benzina alla pompa ha cominciato una ascesa apparentemente inarrestabile, della quale però il mondo che ho intorno sembra continuare a non accorgersi.

Già, la natura umana. Come scrivevo tempo addietro, l’aspetto più lungimirante di quella pietra miliare che ho avuto l’onore di ripubblicare con Lu::Ce edizioni – I limiti alla crescita “ex” I limiti dello sviluppo – è costituto dal primo grafico. In un volume densissimo di grafici e proiezioni il primo, guarda caso, non riguarda nessun dato scientifico, ma ha a che fare proprio con la natura umana e credo non abbia bisogno di commenti. E’ come se gli autori, consapevoli di quello che stavano scrivendo, dicessero anche: “Attenzione! Possiamo fare tutte le proiezioni e gli scenari che vogliamo, ma di una cosa “ingovernabile” dobbiamo senz’altro tenere conto: la natura umana, che è fatta così – pensieri che nello spazio arrivano al quartiere, quando va bene, e nel tempo, alla prossima settimana…”. Il grafico è questo qui di seguito e credo non abbia bisogno di spiegazioni:

primo grafico del libro "I limiti alla crescita"

primo grafico del libro “I limiti alla crescita”

Sui motivi per cui la natura umana si sia storicamente configurata in questo modo, fior di psicologi cognitivisti, evoluzionisti, ecc. hanno tentato delle spiegazioni. Molte delle quali, sufficientemente semplici e convincenti, rimandano a un concetto che sta alla base della questione: il nostro cervello è “cablato” in modo da percepire pericoli immediati e vicini non lontani nello spazio e nel tempo, perché da pericoli immediati e vicini l’uomo si doveva difendere quando era nella savana o nel bush. Tutto il resto poteva aspettare. Questo “cablaggio” – e uso questo termine perché la questione sembra avere a che fare molto più con “l’hardware” del nostro cervello che con il “software” dei nostri pensieri – proprio perché tale, non si smantella nell’arco di un paio di generazioni e questo potrebbe essere in sostanza all’origine della nostra rovina futura. Si tratta di una incapacità strutturale, che dobbiamo fronteggiare e alla quale dobbiamo cercare di sopperire se vogliamo avere qualche chance di restare su questo pianeta in modo decente.

Un articolo che, in tempi recenti, mi ha dato molto da pensare sull’imminenza delle cose che accadono e che più o meno consciamente tendiamo a “rimandare” nel nostro cervello, è questo, sul blog di «Le Monde» che lo stesso autore – che si autodefinisce “Mr. Oil Man” – tiene su quella testata. Un articolo un po’ tecnico, ma sufficientemente comprensibile a chi mastichi un po’ di francese. Gli scenari che Matthieu Auzanneau delinea sono abbastanza inquietanti e non è che le cose vadano meglio a casa nostra, dove il PNRR (Piano Nazionale di ripresa e resilienza), grazie all’avvento del Ministero della transizione ecologica, capeggiato dal cigolante Cingolani, rischia di trasformarsi nel “piatto ricco” (piatto ricco / mi ci ficco – recitava un vecchio adagio dei giocatori di poker, e qui l’azzardo è ben più che una giocata al tavolo verde, visto che si tratta del futuro di tutti noi) delle multinazionali – anzi DELLA multinazionale – “Oil & Gas” nostrana, ENI (accompagnata dalla “sorella” Snam).

Già, la natura delle multinazionali. Se la natura umana è quella che abbiamo brevemente delineato – e per conoscerla, volendo tirare fuori un vecchio classico della filosofia, basta guardare dentro se stessi – sulla natura delle multinazionali si fa presto a delinearne la natura (e lo posso, in questo caso, fare anche con cognizione di causa, visto che ci sono stato dentro per un paio d’anni): sono strutture fatte per fare soldi. Per fare soldi il più possibile, con tutti i mezzi possibili (anche al limite e oltre la legalità, come racconta il libro di Marco Grasso e Stefano Vergine, Tutte le colpe dei petrolieri), tutto il resto piò aspettare e comunque è accessorio e di facciata. Ma anche questo non lo sappiamo? Certo che lo sappiamo. Nessuno di noi è tanto ingenuo da pensare che siano lì per fare beneficienza. E quindi cosa possiamo aspettarci da loro? Che nel piatto ricco dei soldi stanziati per cercare di darci (dare a tutti noi) la remota possibilità di un futuro migliore – soprattutto per chi dopo di noi verrà – ci si buttino a rotta di collo e in tutti i modi possibili, al punto che, come racconta questa infografica qui sotto, tratta da questa pubblicazione scaricabile gratuitamente che invito tutti a leggere (sono poche pagine), le attività di lobbying del colosso energetico italiano ha prodotto qualcosa come 102 incontri tra il Ministero della transizione ecologica di cui sopra e i funzionari di ENI/Snam nei mesi che vanno dal 20 luglio 2020 al giugno 2021.

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L’infografica sul Recovery Plan e le ingerenze dell’industria fossile nell’analisi fatta da ReCommon

Da tutto questo la sensazione di essere in trappola. Una trappola che sta per scattare nel presente, ma soprattutto che non si tenta di disinnescare per il futuro.

La scomparsa di Clarabella e il livello della politica italiana

Clarabella

Clarabella, fidanzata di Orazio

Credevo Neri Marcorè scherzasse nel suo (bello) spettacolo di parole e musica, Quello che non ho, – visibile ancora su Ray Play a questo indirizzo. Credevo scherzasse quando citava l’interrogazione parlamentare che noi, popolo italiano, “ci siamo persi”, più di vent’anni fa, prima che il millennio e il secolo finissero così, “in bellezza”, nel trionfalistico segno dell’idiozia umana – e nella fattispecie italica – e della della stronzata. Una interrogazione fatta al Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato che riguardava l’assenza persistente di un gadget legato a una collezione che veniva data acquistando l’acqua Rocchetta. Se sul sito non ci fosse scritto “Camera dei Deputati” davvero non potremmo credere vero quello che riporto qui di seguito (per comodità del lettore), ma che mi sono semplicemente limitato a copia-incollare da questo indirizzo.

Al Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato. – Per sapere – premesso che: da varie parti viene registrata un’anomala situazione relativamente ai gadgets rappresentanti le squadre di Topolinia e Paperopoli distribuiti promozionalmente nelle confezioni di acqua Rocchetta junior; nelle scorse settimane infatti parecchie persone hanno acquistato un rilevante numero di confezioni dell’acqua in questione con la speranza di poter completare la raccolta dei soggetti componenti la squadra di Topolinia; il problema che si è verificato è la mancanza dei gadgets rappresentanti “Clarabella” che ha costretto parecchie persone a continui acquisti di confezioni di acqua con la speranza di poter ultimare la collezione; pertanto essendo difficile reperire Clarabella, risulta pressoché impossibile completare la collezione; gli altri personaggi Orazio, Pluto ed Eta Beta sono al contrario facilmente reperibili; sembra quindi di ravvisare una situazione anomala nella distribuzione dei gadgets in questione -: se intenda intervenire per verificare il rispetto delle normative che vincolano o che dovrebbero vincolare delle “promozioni” che, se mal gestite, a volte incidono onerosamente sui bilanci delle famiglie.

Che il livello della classe politica italiana fosse di una mediocrità (forse sarebbe meglio dire scarsezza) sconcertante lo sapevamo, ma fa sempre un certo effetto vederlo all’opera. Non ho neppure la forza di formulare una critica più argomentata su questo (e chissà su quanti altri!) episodio, a cui segue solo il silenzio e lo sconcerto, come di fronte alla morte. Perché se non fosse tragico, sarebbe ridicolo, ma purtroppo invece è tragico e basta. D’altra parte un altro grande attore comico del nostro tempo, Antonio Albanese, nel parodiare la classe politica con il suo personaggio Cetto La Qualunque, ha spesso confessato – pubblicamente, nei suoi spettacoli a teatro – di non aver aggiunto praticamente nulla a quanto gli è accaduto di ascoltare in alcuni comizi politici in sud Italia.

 

Buttarla in politica (e sdoganare ciò che non si può sdoganare)

In un momento drammatico sulla scena internazionale, come quello che stiamo vivendo – in televisione… – sulla situazione afgana, sembrerà quasi fuori luogo parlare della politica nostrana, anzi della nostra “storia politica”, ma sono reduce dalla lettura de Il fasciocomunista di Antonio Pennacchi (Mondadori) e immerso nella lettura di Canale Mussolini (sempre suo, sempre Mondadori). Libri ben scritti, scritti “dalla parte” del popolino e quindi con semplificazioni utili a comprendere i meccanismi che stanno dietro le scelte politiche, gli eventi storici e quant’altro. Cose che, chi ha un minimo di letture e di interesse alle spalle, in realtà sa (sa che Mussolini “nasce” socialista, per esempio, ma poi prende la deriva che sappiamo, molto ben motivata in questi libri che sono scritti dalla parte dei fascisti), ma che rischiano di rendere poca giustizia a quel che stare da una parte o dall’altra ha comportato negli anni che vanno dalla nascita, appunto, del fascismo, a tutto il dopoguerra per arrivare a noi. Ne Il fasciocomunista, per esempio, ci sono momenti anche “divertenti”, quando il protagonista, Accio Benassi, da ragazzino convinto fascista, attivo politicamente – e il libro mette ben in evidenza cosa significhi questa espressione per la Destra cui lui appartiene, vale a dire: menare il prossimo di parte avversaria o comunque scontrarsi sul piano fisico, evidentemente non potendolo/riuscendolo a fare su quello verbale/argomentativo – viene attratto in realtà dal Comunismo, o almeno dalle ragazze che fanno attività politica dall’altra parte. Vale la pena riportare il pezzo:

Lui puntava la sorella più grande di Francesca, una battaglia persa. Quella faceva tutta la saputa. lo sono marxiana atea esistenzialista dichiarò al Cordusio (pare che adesso tutti dicano «a» Condusio, ma noi allora dicevamo «al»), all’angolo della banca dove c’era il fioraio, sopra il marciapiede. Me lo ricordo come fosse adesso, poiché per poco non cado per terra. È una frase che m’ha estasiato. M’ha cambiato la vita e per un attimo mi sono innamorato, anch’io, più di lei che di Francesca.

Erano mesi oramai che leggevo “Urania” – tutti quelli di Serse, che li comprava settimana per settimana – ed ero diventato un patito di fantascienza. Li ho letti tutti quanti e quando quella ha detto «marxiana» – che io non lo avevo mai sentito prima in vita mia; solo «marxista», anche da Violetta e il marito – quella lo ha declamato in milanese, con la «x» che sembrava una «s»: «marsiana». Ma loro anche la «z» la pronunciano come la «s» e io ho quindi capito «marziana», cittadina di Marte, ed era tutta seria – convinta – e avevo pensato: «Questa è meglio di noi», perché pure noi credevamo agli extraterrestri, ma solo tra di noi, non è che fossimo così convinti da farne un manifesto politico. E invece questa che arriva e dice seria seria: «Io sono filo-marziana, li sto ad aspettare e sto dalla parte loro» a me m’era sembrata meglio di Anita Garibaldi.

Poi s’era capito l’equivoco e io non ho nemmeno insistito, per non fare la figura dell’allocco. Serse invece era scoppiato a ridere – ma per «atea esistenzialista» – e aveva fatto la faccia: «Mi sa che non è aria». A me invece quel «marsiano» m’è rimasto impresso in mente e anche adesso, che è caduto il muro di Berlino, io continuo a dichiarare irriducibile: «Sono marxiano»; ma sempre più per Marte che per Marx. Ateo-esistenzialista no, viene da ridere anche a me.

Ecco, oggi si sorride insieme al protagonista dei sofismi legati alle definizioni (soprattutto di una certa sinistra intellettualoide anni ’70) e alle appartenenze delle mille correnti indecifrabili che furono, ma quella sinistra a me personalmente ha “regalato” persone come il mio ex professore di Italiano, Luciano Ferrari verso cui il debito per la mia formazione umana, personale (e perché no, anche di orientamento politico) è inestinguibile. La sua vicenda è narrata qui, dal genero Luca Soldati, in un libro per me toccante, perché ho conosciuto Luciano anche fuori dall’ambito strettamente scolastico.

Il rischio è quindi quello di far finire – come spesso accade in questo paese – tutto a “tarallucci e vino”: fascisti e comunisti alla fin fine erano “uguali” perché volevano le stesse cose ma con mezzi diversi e hanno quindi scelto strade diverse (tesi dei romanzi di Pennacchi) e altre amenità di questo genere.

Nell’ambito di questa voluta confusione – volta sempre un po’ a una forma sottile e subdola di revisionismo storico – entra anche l’episodio narratomi dall’amica Maria Del Giudice, figlia del Comandante partigiano Pietro Del Giudice, intervenuta pubblicamente, in polemica con l’amministrazione di Massa (nel 2019), per un monumento da realizzare per Ubaldo Bellugi (di cui scopro esistere anche un profilo Wikipedia nel quale si tessono le lodi del buon amministratore oltre che del poeta dialettale, originario per altro della frazione, Borgo del Ponte, di cui mio padre è originario e io stesso ho vissuto gran parte della mia adolescenza e gioventù). L’intervento di Maria, con la replica di Franco Frediani – lo storico che fu promotore di questo monumento commemorativo – si può leggere ancora qui e l’aspetto che ho trovato più interessante non è tanto l’intervento di Maria, di cui conosco il pensiero, quanto quello dell’altro che, colto nella flagranza dello sdoganamento del fascista che Bellugi fu, devia l’attenzione sui suoi meriti poetici: insomma, non si celebra il Bellugi podestà, ma il poeta, tacciando Maria di essere, in tal senso, scarsamente democratica (“La poesia viene regolarmente studiata in molte scuole cittadine e che a lei piaccia o no, è nel cuore di tanti massesi. Ma lei è liberissima di non apprezzarla, lasci però, visto che siamo in democrazia, che possano apprezzarla chi come lei non la pensa“). Insomma la tecnica è consolidata: io provo a sdoganare la qualunque facendo attenzione che la qualunque abbia in ogni caso un merito che non sia attacabile politicamente: se nessuno dice niente ho vinto – un punto a me – e se qualcuno dice qualcosa allora mi appello alla democrazia, agli inalienabili diritti della cultura e suono la fanfara dell’oscurantismo (di sinistra). Fin troppo facile, ma la domanda resta: ma, mi scusi, signor Frediani, ma il Bellugi fascista convinto e poeta non erano una sola persona o siamo davanti a un caso di conclamata schizofrenia?

Allora, mi si dirà, non si deve più studiare Heidegger perché era colluso o quanto meno simpatizzante del nazismo? Non ho detto questo: studiare sì – per carità, altrimenti non sarebbe democrazia (forse il discorso di Frediani è da intendere in questo senso, per salvarlo in extremis) – ma magari cercare di fargli dei monumenti no, forse, per favore, se possibile. Ma il monumento, la stele o quel che è, è alla poesia. Ah! Ma l’autore della poesia è sempre quello di cui sopra, o no? E, come dicono a Roma, “stiamo da capo a dodici”.

Chiudo: la damnatio memoriae è sempre sbagliata – perché la memoria è un “esercizio” che va coltivato sempre – ma elogiare complessivamente un personaggio di dubbia fama che questi meriti li ha avuti solo “parzialmente” – e magari in un ambito culturale, lontano dalla prassi quotidiana – sarebbe quanto meno da evitare e da evitare soprattutto nello “spirito del tempo”, nello zeitgeist, che ci è proprio: quello della facile dimenticanza di ciò che fu.

Il Comandante Pietro Del Giudice, primo prefetto di Massa, nel dopoguerra in abiti civili

Il Comandante Pietro Del Giudice, primo prefetto di Massa, nel dopoguerra in abiti civili

 

Ricordati degli amici

Questa mattina scrivevo a un’amica. Un’amica perplessa almeno quanto me (ma credo si sia in buona compagnia) della folgorante ascesa del signor Matteo Renzi, letteralmente fino a ieri sindaco di Firenze. Certo: non sindaco di Trino vercellese (non me ne vogliano gli amici di Trino), ma pur sempre il sindaco di una città che diventa, “senza voto”, il nuovo premier. Il puntuale Crozza non più tardi di ieri sera, nella sua copertina di “Ballarò”, faceva notare proprio questo: si tratta del terzo premier consecutivo che il parlamento propone agli italiani, senza che gli italiani siano stati di fatto interpellati. Bah, dev’essere l’effetto della “democrazia matura”…

Dacché si instaurò a suo tempo il governo Monti, per tema della debacle europea, abbiamo poi avuto Letta e adesso Renzi. Quel Renzi che mi ha fatto tornare alla mente – visto che un po’ di memoria storica ormai si è consolidata – la sempre geniale piece di Corrado Guzzanti quando interpretava Rutelli. La ricordate? Se volete spendere 5 minuti e rinverdire il ricordo, questo il link su Youtube: http://youtu.be/ZAuMv77UlDk

“Ah Berluscò, ricordati degli amici!”, questo la chiusa del Rutelli-Guzzanti che denuncia il servilismo di una sinistra che già anni fa era del tutto irriconoscibile. Un effetto straniante che si accentua se si pensa alle consultazioni del giovane Matteo Renzi che, prima della giornata odierna, sembra quasi, in quelle consultazioni, aver ricevuto la laica e potentissima benedizione proprio da quello stesso Berlusconi, del quale si continua a tacere il fatto di essere un pregiudicato.

Sic transit gloria mundi e forse, ancora una volta, Corrado Guzzanti che davvero ha un che di geniale, sembra aver ragione quando dice che alla fin fine si tratta solo di spartizioni di potere: le idee, le ideologie, sono tramontate e conta solo il potere, contano solo i soldi. Ancora una volta pesco da quella meravigliosa miniera che è Youtube: http://youtu.be/PiGjWodYTBA

L’Italia, raccontavo stamattina all’amica, ha la metafisica di un feudo: gli amici sono quelli che contano per le entrature, per un lavoro, per una carriera. Ognuno sembra avere il suo feudo: l’università, un ospedale, un reparto, un comune, una provincia. Influenza politica ed economica. Un feudo – piccolo o grande che sia – e su di esso si esercita un potere, in primo luogo valutando attentamente chi fare entrare. Questo è il gioco. E lo è a tutti i livelli mi pare: politico (di medio-alto livello: regionale/nazionale), economico, occupazionale, di semplice progressione di carriera. Una sfera piccola o grande d’interesse nel quale gli altri sono ammessi previo consenso.

Lo è, per esempio, quello del conduttore televisivo credo attualmente tra i più pagati: Fabio Fazio. Fazio ha degli amici, che – per carità – sono pure buoni amici: c’è il Saviano che ci racconta le sue indagini vicino ai poliziotti che gli fanno la scorta e “gioca” (metto le virgolette perché non vorrei venir frainteso) a fare l’intellettuale segregato; adesso c’è quel Pif, Pierfrancesco Diliberto, mio coetaneo, che ha fatto un film. Un bel film e quindi viene premiato con inviti come ospite nelle varie occasioni, sempre da Fazio, a partire da Che tempo che fa. E adesso, almeno una sera, pare sia anche a Sanremo. Così come a Sanremo va anche quel cantautore italiano, quello ahimè mio omonimo di nome: Luciano Ligabue.

Uno che, per carità, non ha mai dato prova di essere particolarmente trasgressivo. Ma i testi delle sue canzoni hanno avuto un loro perché. Penso banalmente a Non è tempo per noi:

Ci han concesso solo una vita 
Soddisfatti o no qua non rimborsano mai 
E calendari a chiederci se 
stiamo prendendo abbastanza abbastanza 
Se per ogni sbaglio avessi mille lire 
Che vecchiaia che passerei 
Strade troppo strette e diritte 
Per chi vuol cambiar rotta oppure sdraiarsi un po’ 
Che andare va bene pero’ 
A volte serve un motivo, un motivo 
Certi giorni ci chiediamo e’ tutto qui? 
E la risposta e’ sempre si’ 
Non e’ tempo per noi che non ci svegliamo mai 
Abbiam sogni pero’ troppo grandi e belli sai 
Belli o brutti abbiam facce che pero’ non cambian mai 
Non e’ tempo per noi e forse non lo sara’ mai 
Se un bel giorno passi di qua 
lasciati amare e poi scordati svelta di me 
che quel giorno e’ gia’ buono per amare qualche d’un’altro 
qualche altro 
dicono che noi ci stiamo buttando via 
ma siam bravi a raccoglierci. 
Non e’ tempo per noi che non ci adeguiamo mai 
Fuori moda, fuori posto, insomma sempre fuori dai 
Abbiam donne pazienti rassegnate ai nostri guai 
Non e’ tempo per noi e forse non lo sara’ mai 
Non e’ tempo per noi che non vestiamo come voi 
Non ridiamo, non piangiamo, non amiamo come voi 
Troppo ingenui o testardi 
Poco furbi casomai 
Non e’ tempo per noi e forse non lo sara’ mai

Stiamo parlando di un signore che, siccome è amico di Fazio Fabio, va al festival. Uno che cantava questa roba qui e che un po’ ci viene comunque il vomito, no? Perché voglio dire: va bene la retorica, va bene cambiare idea, ma il “tradimento” avviene proprio da persone le cui canzoni sono state per molti quelle della formazione. E’ vero: son passati 25 anni da quella canzone, ma proprio a Sanremo, per altro a commemorare il povero Fabrizio De Andrè che secondo me  si rigira nella tomba. A Sanremo. Potenza di Fazio. Potenza degli amici. Tutti gli altri, in primis i fans, che si attacchino.

Ecco, forse un buon proponimento per il futuro è: diventare amico di Fabio Fazio. Magari è la volta buona che riesco a far carriera! Sì perché puoi avere anche curriculum chilometrico – e tra i miei amici e le mie amiche non mancano le persone che potrebbero vantarne di brillanti- eppure… eppure nessuno di noi ha fatto realmente carriera. Chessò io: è diventato professore universitario, oppure general manager di una qualche azienda. Il più brillante di noi, ingegnere informatico, gestisce progetti di ricerca in realtà virtuale alla Scuola Sant’Anna di Pisa, ma credo che abbia un contratto a progetto o giù di lì. C’è qualcosa che non va in noi: con tutta evidenza non abbiamo le amicizie giuste.

Re-posted: i kilokaga, nuova unità di misura politica

Ci sono delle volte in cui qualcuno scrive i tuoi pensieri. E lo fa in un modo che forse neppure tu li avevi così chiari in testa.
E’ il caso di questo post che, nella sua brevità, riassume lucidamente quel che è accaduto e accade in questo paese…
http://danielebarbieri.wordpress.com/2014/01/31/i-kilokaga-nuova-unita-di-misura-politica/
Buona (?!?) lettura.