Dal 27 marzo al 17 aprile, in un ciclo di 4 puntate, è andato in onda su Rai 3 il programma televisivo “D-Day” che pensavo essere di “informazione storica”. Ne ho guardata mezza puntata, la prima – il trailer era interessante anche per i sempre suggestivi filmati presenti nell’archivio Rai – ma non sono riuscito ad arrivare in fondo.
Il conduttore (a me) sconosciuto, tal Tommaso Cerno, con l’ausilio e la complicità di psicologi e psichiatri, giunti al tavolo della grande Storia per effettuare analisi ex post risibili ma suppongo ben pagate sia in euro che in ego – un passaggio in tv fa sempre bene all’autostima seppure col rischio di esporsi al pubblico ludibrio – analizzano la situazione dei due sommi capi dell’asse nazi-fascista: Mussolini e Hitler.
In studio si fanno paralleli sulle due storie d’amore che i due vivevano, fino a particolari scabrosi: ma a noi telespettatori CHE CE NE FREGA di stabilire (soprattutto 70 anni dopo) se Clara Petacci avesse o meno le mutande nel momento in cui fu catturata, prima della “macelleria messicana” di Piazzale Loreto (così la definirono il giovane Sandro Pertini, accompagnato da Ferruccio Parri…) in cui, insieme a Mussolini, trovò la morte?
E ancora: che ce ne frega di quell’altro matto assoluto e della modalità (per altro arci-nota e arci-studiata) e dei tempi in cui si dà la morte nel bunker di Berlino insieme a Eva Braun?
Sono rimasto esterrefatto, soprattutto perché Rai 3 è un canale (televisivo, ma lo è superbamente alla radio) di grande (quando non ottima) qualità del palinsesto. Chissà da costa è stata determinata questa caduta di stile, proprio nell’anno dell’anniversario tondo dei 70 che, domani, ci apprestiamo a festeggiare. Questo il vero mistero…