Riflessioni a caldo su un gatto disperso

Avevamo un gatto. Può sembrare esagerato dire che era una gioia averlo in casa e ci faceva compagnia. Sembrano frasi fatte che forse, neppure troppo tempo fa, avrei bollato io stesso come patetiche. Forse. Perché il retropensiero che ho sempre avuto per chi si sperticasse troppo in lode dei propri animali domestici, è sempre stato di etichettare queste persone come “rinunciatarie”, perché in fin dei conti con i “pet” i rapporti sono semplici e non c’è contraddittorio… e poi con tutti i poveri cristi che ci sono in giro mi è sempre sembrato anche egoistico riversare energie solo per il benessere di queste bestiole, mentre magari non si riesce a vedere il vicino di casa che ha un problema…

Insomma andava così fino a quando poi un animale timidamente arrivò prima nella vecchia asa di Zambra (sempre un gatto, con una somiglianza straordinaria con quello che abbiamo poi preso quando ci siamo trasferiti un paio di anni fa in questa casa…) e poi, appunto, quando deliberatamente decidemmo di adottare un gatto che era randagio, aveva subito un incidente pauroso, ma che, come tutti i gatti che si rispettino, nonostante gli “ammaccamenti” era tornato bello vispo e pimpante qui a casa nostra. Ce ne siamo presi cura e lui – “manipolatore” come solo i gatti sanno esserlo – ha ricambiato con affetto e riconoscenza. Il lungo periodo di lockdown ha fatto il resto, cementando questo rapporto che sembrava non dovesse finire mai.

Siamo partiti per qualche giorno di ferie e, come è accaduto per altre partenze, ci siamo avvalsi negli anni scorsi di una cat sitter che però quest’anno non ha potuto prenderlo perché doveva fare delle ristrutturazioni a casa. Abbiamo cercato in lungo e in largo (non è facilissimo trovare persone che tengano “a pensione” il gatto…), ma alla fine ci siamo decisi per uno che a tutta prima ci è sembrato sapesse il fatto suo, salvo il fatto… di telefonarci 3 giorni dopo avergli lasciato il gatto, per dirci che lo aveva perso: il gatto è scappato e si è volatilizzato. Eravamo in Sicilia, in aereo e quindi vi lascio immaginare il senso di frustrazione e di impotenza di fronte a questa faccenda. Sono passati altri 12 giorni prima che potessimo essere di nuovo qui a Pisa, domenica mattina appena passata, e già da subito ci siamo messi alla sua ricerca, così come avevano fatto nei giorni precedenti molti nostri amici che si sono mobilitati con volantinaggio e richiesta di informazioni.

L’aspetto più deprimente e nello stesso tempo che mi ha letteralmente reso furibondo è stato l’atteggiamento di questo “professionista” della cura dei gatti (persona consigliata da una associazione che qui a Pisa si occupa dei gatti randagi e non solo…) che in sostanza non ha fatto nulla per tutto il tempo e, di fronte alle nostre reiterate telefonate per avere notizie e per sapere “come si sarebbe mosso”, si è anche dimostrato “scocciato”. Chi mi conosce sa che sono una persona dall’indole abbastanza mite, ma di fronte all’ennesima (sua!!!) lamentela ho alzato la voce al telefono urlandogli che era un imbecille, sancendo così la fine dei rapporti.

Perché può anche succedere che il gatto ti sfugga (anche se non dovrebbe, visto che sei un “professionista”…), ma che, DOPO che questo è accaduto, di fatto non fai niente dopo averci tolto un pezzo della nostra vita, questo no! Così, come due cretini ieri a pranzo, ieri sera dopo cena e stasera di nuovo dopo cena, battiamo strada per strada, androne per androne, ci affacciamo quando si può nelle corti interne chiamando a gran voce il nostro gatto che non c’è più. Può sembrare patetico ma non lo è. Gli animali sono davvero lo specchio dell’innocenza e stanno prima del peccato originale che riguarda solo noi esseri umani. Ed è questo che fa più male: io l’ho preso per metterlo nel trasportino e lui si è affidato a me, si è fidato di me, perché quando lo prendevo in un certo modo girandolo con le zampe in su, si abbandonava come un cucciolo e l’ho portato io con le mie mani da quella testa di cazzo (questo è il mio blog e non mi censuro) che stasera, visto che siamo passati sotto casa sua (il gatto lo cerchiamo dove si è perso e quindi anche lì) mia moglie vedeva una luce accesa e sentiva il rumore della televisione uscire dalla finestra di casa di questo testa di cazzo che per un attimo molto lungo sarei andato a prendere salendo le rampe delle scale a 4 a 4 per suonargliele di santa ragione… ma sarebbe servito? Questo mi fa ritrovare il mio gatto? No. Non serve prendersela con un coglione di questa risma (e assicuro che non gli conviene incrociarmi per strada perché finché non mi sarà sbollita sono davvero pronto a menarlo, ‘sto stronzo).

Pisa, nel centro (per chi la conosce: di fatto in Piazza Santa Caterina) è un dedalo: il gatto potrebbe davvero essere ovunque. Qualche giorno dopo la scomparsa era stato visto in una di queste corti interne e una nostra amica, dietro segnalazione di una signora, era quasi riuscito a prenderlo: mia moglie l’aveva chiamata e col telefono in viva voce chiamava il gatto che ha sentito la voce di mia moglie e ha miagolato forte, ma non si è fatto prendere. Viviamo troppo distanti da quella zona perché possa tornare qui da solo e poi ha una fifa blu delle auto (per fortuna), dopo quello che gli è successo. La tempesta perfetta. Quanto ancora andremo avanti? Io esco da queste sessioni di ricerca distrutto nell’animo ed è solo il secondo giorno. Dove sarà questo gatto e cosa penserà di noi che l’abbiamo abbandonato, tradito? Forse sto “umanizzando” troppo e i gatti non pensano e non provano ciò che noi umani proviamo e pensiamo, ma come si fa a non umanizzare il rapporto con una bestiola che non chiedeva nulla, se non compagnia e un po’ di cibo?

Mi si dirà: era “solo” un gatto. Sì ma era il “nostro” gatto e tutto ciò che di speciale poteva ancora esserci nel nostro rapporto con lui se n’è andato, forse per sempre.

Basta, forse sono solo stanco, ma un’esperienza così non ci voleva davvero.