Dunque, sto leggendo un libriccino scritto non proprio benissimo (ma l’autore, non me ne voglia la categoria, è un informatico e il valore aggiunto sono le informazioni che il libro dà), ma interessante, questo. Il titolo può sembrare, soprattutto in prima battuta, un po’ drastico, ma le ragioni per cui si dovrebbe fare un atto tanto radicale vengono spiegate molto bene. In particolare c’è un capitoletto che parla dell'”effetto tribù” che i social media generano e di come gli asettici (e folli) algoritmi che ci profilano e ci fanno vedere alla fine solo ciò che ci interessa, accentuino questo fenomeno. Proprio in questo capitoletto è citato un altro libro che entra nel dettaglio di questa faccenda ed estende la questione a internet e non solo ai social media: un motore di ricerca come Google digitando le stesse identiche parole sulla sua oracolare bocca, è molto probabile mostri risultati diversi a seconda di chi sta digitando. Una cosa che mi sembrò curiosa all’inizio, ma che in effetti, ripensandoci, è in sé abbastanza inquietante. E’ come se, dice l’autore, facendo una ricerca su Wikipedia su Donald Trump venissero fuori schede diverse a seconda se si stia dalla parte dei democratici o dei repubblicani. Il libro citato è questo, ma siccome i libri sono diventati oggetti “usa e getta”, nonostante non siano passati moltissimi anni dalla sua pubblicazione (è del 2012), risulta introvabile anche su siti di libri usati come Libraccio o su e-bay. Vabbè, pazienza.
Uno dei messaggi importanti di questa lettura (e della lettura della sinossi di quello introvabile) è che – proprio perché siamo di fronte a una “profilazione tribale” in cui l’autorinforzo di come la pensiamo è a sistema – è necessario, per quanto possibile, sforzarsi sempre di allargare l’orizzonte e, a volte, questo accade senza che lo vogliamo.
La mia piccola attività editoriale fa capo a una associazione culturale, il cui nome sono le prime due lettere del mio nome (Lu) e le prime due del cognome (Ce). Ho quindi, banalmente da anni un indirizzo di posta elettronica su gmail che è: associazione-punto-nome dell’associazione-chiocciola-gmail.com. Si dà il caso che è (molto) probabile che esista un’altra associazione che abbia un indirizzo simile al mio ma senza il punto tra “associazione” e il nome dell’associazione. Curiosamente le mail a loro indirizzate arrivano, a volte, anche a me. Un po’ allarmato ho contattato Google: se tanto mi dà tanto significa che anche alcune mail che dovrebbero arrivare a me allora arrivano a loro! Mi hanno risposto – ma forse a rispondere era un’intelligenza artificiale… – rassicurandomi (?!?): tutto sotto controllo, le mail con le varianti (senza “.” tra nome e cognome, come nel caso mio) arrivano sicuramente a me che ho registrato quel nome col punto – anche se in linea di principio dovrebbe trattarsi di due indirizzi diversi. Insomma: non ne sono venuto a capo, ma sapete meglio di me che creare un altro e account e dire a tutto il mondo che fino a quel momento ti ha contattato lì (per carità: un mondo molto piccolo) è comunque oneroso (in termini di tempo) oltre che spiacevole. Quindi: speriamo bene. Questa digressione però mi serve per dire che mi sono arrivate, ancorché sporadicamente, mail dell’U.CO.I.I., l’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia. Vi riporto l’ultima, una specie di comunicato stampa e una presa di posizione ufficiale nei confronti della Francia, di Macron e della polemica che è seguita alla decapitazione dell’insegnante Samuel Paty che ha mostrato le vignette del profeta Maometto realizzate dal giornale satirico Charlie Hebdo.
Ora: su questa faccenda si può dire tutto e il contrario di tutto. Noi, in quanto Occidentali, abbiamo degli imprinting e dei bias da cui, con difficoltà riusciamo a liberarci. Forse Macron sbaglia e rischia di strumentalizzare una questione molto più delicata di quel che sembra, ma quando vedo scrivere “Assumere gli alti valori della libertà di espressione per giustificare la bestemmia non va certo nella buona direzione” se da un lato mi sembra un pensiero condivisibilissimo, dall’altro mi fa pensare a quanti di questi “alti valori della libertà di espressione” ci siano in paesi in cui l’islamismo è radicato e radicale. Il ginepraio dei “se” e dei “ma” è molto vicino e finirci dentro significa dare inizio a discussioni infinite, quindi: mi fermo qui.
Di sicuro molte questioni andrebbero riviste e molta storia dovrebbe essere riscritta: molti dei miei concittadini occidentali – ed essere tali significa essere imbevuti di una cultura e di un entertainment (si pensi solo ai film di cassetta degli ultimi che fanno vedere l’islamico come fanatico e l’occidentale come portatore di valori come la democrazia…) va in un’unica direzione e fa sempre e solo vedere un lato della medaglia – si fermano alla superficie delle cose senza riflettere sui perché. Perché le torri gemelle? Perché da lì in poi ci fu un’escalation di attentati che hanno colpito un po’ di qua e un po’ di là dall’oceano? Si sono scritti interi libri e versati fiumi di inchiostro su queste faccende, ma per documentarsi – e per farlo bene e cercare di essere liberi nel farsi un’opinione – servono tempo ed energie. Spesso, quasi sempre, è molto più facile cedere ai richiami della tribù (complice il funzionamento della “macchina” internet…) fare di tutta l’erba un fascio (musulmano in linea di principio è diverso da arabo, come ebreo lo è da israeliano…) e pensare che questi siano dei fanatici.
Lo avrete capito: non sono qui per parteggiare su “chi ha ragione”, ma solo per mettere sull’avviso del fatto che siamo dentro a una bolla e in particolare dentro la bolla di chi la pensa come noi. Questo non unisce ma divide e impedisce di capire e comunicare con chi ha una storia, una tradizione diversa dalla nostra. E allora la mente torna a quella specie di seconda patria che per me è la Sicilia (mia madre è siciliana e mia moglie lo è – forse Freud avrebbe da dire molto su questo, ma soprassediamo…): visitando la magnificente Palermo non si può non imbattersi nell’itinerario arabo-normanno: ciò che rende magnificente questi edifici è proprio la contaminazione: nello stesso edificio (il duomo di Monreale) troviamo l’effige bizantina del Cristo pantocratore (una di quelle cose che di per sé ci lasciano già a bocca aperta) e, non lontano, in una delle colonne dell’elegante portico in stile gotico-catalano l’incisione di un passo del Corano in caratteri arabi. Un dettaglio dei mille che sono l’indice di quella contaminazione arrivata fino a noi. Certo ancora una volta si possono fare obiezioni (la prima che mi viene in mente è la riconvesione in moschea della (ex) Basilica di Santa Sofia da parte di Recep Tayyip Erdoğan – la cui biografia politica però si avvicina pericolosamente a quella di un dittatore…), ma credo sia necessario dare il buon esempio, laddove si può. Un esempio di inclusione che arriva da quasi mille anni fa.