Capita di essere “poco intelligenti” (uh, l’intelligenza che parola! Da quando la tecnologia e il corrispondente anglismo smart sono entrati nella nostra vita, mi pare di essere diventato ancora più stupido…), soprattutto quando ci si mette in auto quando tutto il mondo si mette in auto. L’abbiamo fatto ieri, di ritorno da Catania: bollino rosso, l’avevano detto, strade intasate ovunque e non abbiamo saputo fare di meglio. L’unica cosa un po’ meglio che abbiamo fatto è stata partire presto: alle 5,30 eravamo già in auto e alle 7 sopra il traghetto che ci riportava “in continente”, ma non è stato sufficiente e siamo comunque caduti nella trappola della A1, con migliaia di auto e autogrill presi d’assalto (ah, la “sostenibilità”, che chimera!)…
Ci sono due immagini che mostrano la sottile ma fondamentale differenza tra “paradiso” e “inferno” e su come facilmente uno si possa trasformare nell’altro. Magari le immagini le conoscete, ma vale la pena descriverle nuovamente. In una si mostra un banchetto con ogni ben di Dio da mangiare, ma i commensali si dannano perché le posate, con cui è in qualche modo obbligatorio mangiare, hanno manici spropositatamente lunghi, così che è praticamente impossibile portarsi il cibo alla bocca: coltelli, forchette e cucchiai sono lunghissimi e se si tenta di rivolgerli verso di sé non se ne cava nulla. Un vero inferno insomma, dove il supplizio consiste nell’essere di fronte a tutta questa cornucopia di cibo ma non poterne godere. L’altra immagine è il paradiso e la scena si ripete identica, solo che anziché tentare ognuno di imboccare se stesso, con posate così lunghe si vedono i commensali imboccare gli altri commensali: questo perché con le stoviglie così fatte si raggiungono molto più facilmente le bocche altrui e diventa molto più facile soddisfare i reciproci bisogni, i reciproci gusti, eccetera.
Questa parentesi per dire che l’inferno siamo noi e sono gli altri. Nella fattispecie sono coloro che non vedono al di là del proprio naso, che tentano di “imboccare se stessi” a ogni costo e sembrano autistici, che degli altri che hanno intorno – delle migliaia di altri che hanno intorno, su un’autostrada… – se ne fregano. Così accadono le solite “scenette” dettate dall’esasperazione, con gente che sorpassa a destra (l’ho fatto anch’io? Sì su oltre mille km di strada l’ho fatto anch’io un paio di volte) perché chi sta in corsia di sorpasso ci “campeggia” a velocità che sarebbero da corsia di destra, con il risultato che le corsie di destra sono semivuote e tutti intasano quella di sorpasso senza sorpassare. Oppure accade che ci si debba fermare per una sosta pipì e rifornimento. L’autogrill preso, come gli altri, d’assalto. Auto ovunque, code ovunque, anche per il rifornimento. Ci si mette pazientemente in attesa, in fila dove la pensilina del distributore è configurata, come quasi tutti i distributori del patrio suolo, con due pompe affiancate l’una all’altra, su ogni lato. Davanti a me una 500 XL, uno di quegli orribili obbrobri che girano sulle nostre strade, insultando il buon nome di quella 500 di tanti anni fa che rivoluzionò la mobilità del nostro Paese. Talmente ipertrofica che nonostante io abbia una Golf, non riesco a vedere oltre. Sporgendomi dal finestrino però vedo le due pompe allineate e vedo anche che il proprietario si ferma alla prima che incontra, lasciandomi fermo fuori dalla pensilina. Gli chiedo se può andare a quella dopo, ma sembra non capire. Poi mi dice che a quella davanti a lui c’era ancora qualcuno (che però stava finendo). Uno dei ragazzi che lavora freneticamente al distributore e gli toccano pure le mansioni del vigile urbano a un certo punto (pochissimo dopo questa conversazione) infatti mi fa cenno di andare avanti, così infilo la prima, “soprasso” la 500 e mi piazzo sulla pompa libera. Riesco a fare rifornimento e a pagare che loro sono ancora lì e mi chiedo: perché? Perché non si riesce a guardare oltre il proprio naso? Perché se hai finito di sorpassare o se a una velocità tale da stare in corsia di destra non ci vai e liberi spazio per chi ha un’andatura più sostenuta? Non si capisce, se non spiegandoselo con un egoismo al massimo grado, perché stiamo parlando di fare tutti insieme una cosa (“essere su un’autostrada per tornare a casa”) e di rendere, ognuno per la sua parte, il viaggio più confortevole e sicuro per tutti senza esasperare gli animi. E invece se si può far peggio lo si fa, senza riguardo per gli altri.
Fine della lamentazione e inizio di quelle piccole soddisfazioni spicciole che consistono nel sentire ancora una volta di aver fatto un acquisto azzeccato. Da meno di un anno infatti ho sostituito la mia vecchia BMW con una VW Golf 7 con cambio DSG (dopo 34 anni di patente sono stufo di cambiare: questi cambi automatici sono ormai raffinatissimi e fanno meglio di qualunque essere umano…). Questo è stato il primo vero “test”: quasi 4mila km in 18 giorni, spesso con temperature elevate ed elevatissime (scendendo verso sud il 4 agosto all’altezza di Orvieto il termometro segnava 40°), su strade non sempre “buone” (il giro Bagheria, Gibellina, Selinunte ha messo a dura prova gli ammortizzatori…). Nonostante le temperature, il traffico, le strade e tutte le variabili del caso, ho tenuto una media dei 18,6 km/l, di cui non mi lamento (e chi mi conosce sa anche che tendenzialmente non vado piano…). Non male.