Già, bella la canzone di Massimo Ranieri. Ma qui sembra che non se ne esca da questa storia. Il virus mostra di essere più pernicioso di quanto avremmo immaginato, ma noi – e parlo dell’Italia, sempre alle prime posizioni quanto a morti – ci mettiamo del nostro per non arrestarlo, tra tentennamenti politici, concittadini che se ne fregano bellamente, come se la pandemia fosse cosa che non li riguarda (solo ieri in piazza Santa Caterina a Pisa, dove vivo, alle 18 circa c’erano persone a fare “aperitivi” improvvisati sulle panchine della piazza senza tracce di mascherine e anzi: ostentando grandi birre in bicchieri di plastica, come se ci fosse da festeggiare qualcosa… forse di essere ancora vivi, nello sprezzo del pericolo), mentre l’aggiornamento periodico del grafico (qui di seguito) che “curo” da ormai un anno suggerirebbe atteggiamenti diversi.
Anyway: ho appena acquistato – ma non ancora letto – La notte delle ninfee. Come si malgoverna un’epidemia del sociologo Luca Ricolfi. Non so ma ho l’impressione che le cose che ha da dire non siano proprio un elogio alla politica sanitaria nazionale dell’ultimo anno.
Adesso, dopo l’impasse del Conte ter, accade che (1) il covid porterà una valanga di soldi, perché non tutte le sciagure vengono per nuocere, e (2) abbiamo dovuto mettere “l’uomo solo al comando”, l’osannato (ancora una volta in maniera imbarazzante) Mario Draghi, per poterli vedere arrivare (forse). Il “timore reverenziale” che Draghi incute – non mi interessa stabilire qui se legittimo o meno – è, secondo me, frutto anche di ciò che è sullo sfondo del panorama politico e del grado di preparazione e di formazione delle persone che lo compongono.
Le cose sono senz’altro migliorate con l’arrivo di Conte che, nel suo ultimo governo, ha annoverato tra i suoi 8 ministri “senza portafoglio”* 6 laureati – con qualche accademico – e 2 diplomati mentre, tra quelli “con portafoglio” (quindi a capo di un dicastero), c’erano 10 laureati, 3 diplomati e una ministra con la terza media (Teresa Bellanova). Fuori dal governo invece tra coloro che hanno una esposizione mediatica enorme troviamo tre diplomati che non hanno mai conseguito una laurea: Matteo Renzi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Non mi si fraintenda: non è che aver studiato debba conferire un lasciapassare per accedere a determinate cariche, ma diciamo che dovrebbe essere fortemente consigliato perché, come affermava un vecchio motto di Derek Bok “Se pensi che l’istruzione sia costosa, prova l’ignoranza”, soprattutto quando si rivestono ruoli e cariche di così elevata importanza.
Avere “l’uomo solo al comando” non sarà una passeggiata e ci farà pagare i suoi scotti: al netto delle dichiarazioni che ci vengono inflitte ogni giorno, tutti i giorni, dagli altrettanto stucchevoli telegiornali nazionali, in pochi giorni abbiamo già assistito alle giravolte funamboliche delle dichiarazioni salviniane, ai meriti autocelebrati dell’altro Matteo, che si vanta (per il momento) di essere artefice di questa situazione imbarazzante (occhio amico perché certe vanterie rischiano di tornare indietro come dei boomerang…), per tacere del rumore di fondo dei portavoce (Gasparri & co. – ma questo vale per ogni schieramento politico, si intende) a cui sembra abbiano messo una voce registrata in bocca per ripetere a macchinetta sempre le stesse cose, fedeli a una versione quasi macchiettistica (in questo paese il confine tra tragedia e commedia è sempre molto labile…) dei dettami propagandistici di hitleriana memoria. Citare il libro più importante del nazionalsocialismo aiuta a comprendere di cosa stiamo parlando:
«La propaganda non deve indagare la verità oggettiva e, nella misura in cui essa sia favorevole verso l’altro lato presentarla secondo le regole teoriche di giustizia, ma deve presentare solo un aspetto della verità, che è favorevole al proprio scopo. (…) il potere ricettivo delle masse è molto limitato e la loro comprensione è debole. D’altra parte, se ne dimenticano in fretta. Stando così le cose, ogni propaganda efficace deve limitarsi a poche cose essenziali e quelle devono essere espresse per quanto possibile in formule stereotipate. Questi slogan devono essere ripetuti con insistenza fino a che anche l’ultimo individuo venga a cogliere l’idea che gli è stata messa davanti. (…) Ogni modifica apportata nel soggetto di un messaggio propagandistico deve sottolineare sempre la stessa conclusione. lo slogan principale deve naturalmente essere illustrato in molti modi e da diverse angolazioni, ma alla fine bisogna sempre ritornare all’affermazione della stessa formula.»
(questa citazione è stata tratta dalla voce Wikipedia “Propaganda nella Germania nazista”)
La storia, nota, secondo cui una qualsiasi affermazione, non importa se vera o meno, se ripetuta un numero sufficiente di volte, lo diventa.
Ci aspettano tempi duri insomma, sotto diversi punti di vista, perché niente viene gratis…
* Questa definizione indica «un ministro del governo della Repubblica Italiana non preposto ad alcun dicastero» e che «nell’ordinamento italiano i ministri senza portafoglio non trovano alcun riconoscimento nella Costituzione, che menziona espressamente solo i Ministri a capo di un dicastero» (voce Wikipedia “Ministro senza portafoglio della Repubblica Italiana”).