Me lo si diceva sempre quando ero ragazzino magari come esempio di cattiva condotta a scuola. La sua semplice parafrasi è: anziché progredire, si va indietro. Beh, dopo la puntata di Presa diretta di ieri sera, però non si può non tifare per i poveri gamberi. Per i pesci in generale e per tutta quella vita che viene sistematicamente annientata dall’uomo: è il mantra della mia esistenza, perché dacché sono al mondo sento questi discorsi, corroborati per altro spesso da prove inconfutabili.
L’umanità è sempre più “parassita” del pianeta, come diceva il celebre agente Smith di Matrix:
Tutti i mammiferi di questo pianeta d’istinto sviluppano un naturale equilibrio con l’ambiente circostante, cosa che voi umani non fate. Vi insediate in una zona e vi moltiplicate, vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non si esaurisce. E l’unico modo in cui sapete sopravvivere è quello di spostarvi in un’altra zona ricca. C’è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un’infezione estesa, un cancro per questo pianeta: siete una piaga. E noi siamo la cura.
La questione delle plastiche negli oceani – argomento con cui la trasmissione è iniziata – è una storia tanto vecchia quanto ignorata. Ne (ri)parla Alan Weisman nel suo best seller del 2007 The world without us (tradotto in italiano nel 2008, per Einaudi: Il mondo senza di noi). L’aspetto che rivela la grettezza media che ci distingue come specie, è che la preoccupazione arriva sul serio solo quando tocca, nella catena alimentare, l’essere umano: mangiando pesce rischiamo di mangiare la plastica che i pesci stessi hanno ingerito. Stiamo disintegrando il pianeta e questa è la cruda realtà: deliberatamente e sempre dietro questioni economiche. Il Bangladesh sta distruggendo la propria economia per la coltivazione dei gamberetti, mentre delle plastiche – di cui in trasmissione si è parlato solo come rifiuto – non si cita il fatto che le soluzioni dovrebbero essere innanzitutto a monte, lavorando sul packaging, come stanno (faticosamente) facendo i “soliti” tedeschi, che a Berlino, lo scorso anno hanno inaugurato il primo supermercato totalmente “packging free”, libero da imballaggi (se ne dà notizia qui, qui, qui e anche qui). Oppure soluzioni anche a valle, sfruttando le stesse correnti circolari attorno cui si condensano queste isole di spazzatura, come il progetto “Ocean cleanup”, a questo link.
Sarebbe davvero il caso di fare qualche passo indietro come i gamberi…