La notizia mi era sfuggita, ma Margherita, figlia dello scrittore, ha fatto sì che non mi perdessi questa ulteriore (e meritatissima – ma si sa: io sono di parte) consacrazione dello scrittore albese Beppe Fenoglio. Proprio in questi giorni gli è stato dedicato un pianetino (che evoca tanto “Il piccolo principe”…), un asteroide (che evoca tanto il videogioco più bello della mia infanzia: Asteroids, appunto) su indicazione (e per espressa volontà) dell’astronomo Mario Di Martino e del divulgatore scientifico Piero Bianucci.
Domenica ho quindi acquistato «La Stampa» per vedere la notizia nella sezione “cultura e spettacoli”, ridotta però a un modesto quadratino. A pagina intera invece un articolo di Pietro Negri che racconta della Resistenza nell’albese e di fatti per lo più noti a chi ha seguito la vicenda letteraria e biografica di Fenoglio. Un aspetto che comincia davvero a darmi fastidio – anche se forse è sempre stato così un po’ ovunque e il Piemonte in questo mostra di non essere secondo a nessuno – è l’atteggiamento “medievale”, nel senso del Guzzanti-Pizarro quando dice che «stiamo ar medioevo».
Un medioevo fatto di feudi più o meno metafisici per i quali e nei quali sei titolato a scrivere, vieni ammesso al circolo se e solo se come requisito minimo fondamentale sei di quel posto. Poi certo viene anche la bravura, ma dopo. L’ultimo convegno – in questi anni un paio di ricorrenze, visto che Fenoglio è nato nel 1922 e morto nel 1963, quindi rispettivamente 2012 e 2013 sono stati anni di anniversario – di “studi fenogliani” ha visto tra gli invitati importanti quasi esclusivamente piemontesi che si sono occupati di Fenoglio a vario titolo, lasciando fuori nomi importanti come quello di Luca Bufano (curatore dell’edizione Einaudi di «Tutti i racconti»). Così accade che il pezzo in questione sia firmato da Piero Negri, di professione giornalista musicale, che ebbe la ventura (1) di pubblicare con Einaudi una biografia piuttosto scopiazzata dal professor Bufano di cui sopra; (2) di vincere – con quel libro – una delle poche edizioni del premio Grinzane-Fenoglio, costola del Grinzane-Cavour, prima che il suo patron, Giuliano Soria, fosse travolto dallo scandalo di schiavizzazione del suo domestico (e forse anche da qualche problemino economico) e (3) di scomparire nuovamente, tranne ricomparire ogni tanto sulle pagine de «La Stampa».
E sia chiaro: posso assicurare che non è il discorso della volpe che non arriva all’uva. L’invidia è un sentimento che non mi appartiene o, qualora così fosse, mi appartiene molto meno del senso di giustizia.
Per fortuna ora Fenoglio sta tra le stelle fisiche e non si cura di queste meschine vicende umane. Nel cielo stellato di quelle letterarie c’era già da tempo.